venerdì 30 dicembre 2011

Una volta scrivevo


Una volta scrivevo cose tipo questa.

 
 
Rifiutare chi da cui non si vuol essere rifiutati in un giorno che verrà, è una stupida tattica, un pizzicare la zampa del ragno che scappando via rapido non abbandonerà la casa, ma cambiando solo di muro continueremo a cercare, spaventati ma segretamente ansiodi di rivedere.

martedì 27 dicembre 2011

Universi in biglie da spiaggia

Giorni che seguono altri giorni di cui non sono fratelli nè conoscenti, nè coinquilini di vagoni sovraffollati in viaggi brevi. Non si riconoscono nemmeno, uno vestito di quella stoffa pesante e lunga e pregna degli odori della cucina del tabacco di una pipa dal legno antico, compagna di parole trattenute e occhi bassi. E poi uno di quelli coi capelli al vento, la bocca spalancata mentre il volo rientra e il cuore fa su su su e poi giù, e il pensiero si mette sulle punte dei piedi per arrivare lì in alto, e non ci arriva mai, allora si volta verso un paio di occhi già lì ad apettarlo, a spingerlo su tenendolo per i fianchi.
Sono solo manciate di ore, di piccoli pezzi di una pellicola che a tagliarla e rimontarla basterebbero venti minuti venti per dire chi siamo.

lunedì 12 dicembre 2011

Grattini e altre cose buone


Eppure, eppure, eppure mi sembra che per qualcuno ci sarò sempre, lì, dietro il vetro mimetizzata poco o niente a tener d'occhio e far finta di contare i sassolini per terra.
Forse è l'unica cosa che so fare.


sabato 10 dicembre 2011

Come i ladri sopra i tetti


Ci sono momenti in cui smarrisco il filo di chi sono. Non rispondo alla forma che gli altri mi hanno tagliato e incollato intorno seguendo il contorno tratteggiato.
Agli altri, alla gente, dico, non gliene frega un cazzo che tu sia quello che devi essere per te, gli interessa che tu sia quello che sei per loro. E allora alle ortiche belle parole, amicizie passate attraverso fili del telefono, confidenze con cuori in mano e lacrime a secchi portati a braccio.
E, proprio come quando nasci e come quando muori, puoi solo confidare sul mucchietto di ceneri accese dentro di te.

domenica 20 novembre 2011

Forse gli piace che fra noi viva questo sottinteso



Sembro brusco e irragionevole, e me ne accorgo.
(...) conosco il sorriso di quei suoi occhi intensi: che mi consigliano per lo più d'accorgermi di me stesso. Allora mi persuadevano alla sopportazione e alla prudenza, perchè avevo attorno piccola gente, che un mio scatto d'insofferenza avrebbe potuto ferire. "Perchè temi? - gli rispondo con un altro sguardo. - Sono qua, compiacente. Non ti sembro buono abbastanza?".
(...) Forse gli piace che fra noi viva questo sottinteso, che di noi due, chi ha cura dell'altro, sia lui.

Tratto da "Non parlo di me" di Luigi Pirandello

mercoledì 26 ottobre 2011

Sfera di cristallo


Quando tornerò ad essere vergognosamente felice, capitando di nuovo qua il complimento migliore che mi farò sarà Che razza di sfigata.

domenica 23 ottobre 2011

Rospi


- Che fine ha fatto il tuo splendore? Il tuo luccicare?

- Quale splendore?

- Quello che hai, quello che sei. Ti stai eclissando dietro nubi sempre più spesse, dietro di te che ti nascondi dietro di te che ti nascondi dietro non si sa che pensieri, che macigni di pensieri schifosi, che stanchezze abissali, che morti ai tuoi occhi sempre socchiusi, ormai.

- Non ho mai brillato, il tuo era un abbaglio. Ci sei caduta come ci cadono tutti quelli che voglio conquistare. E' solo la conferma della mia bravura, o della vostra ingenuità, fai tu. Ma io luccicare, no, mai. Se sapessi quali sporchi abissi vivono le mie carni, ti chiameresti stupida ad avermi pensato splendente.

- Cos'è, ti sai anche guardare da fuori, sei così brava da poter dire quello che vedono gli altri? Sai fare anche questo?

- No, ma so quello che sono, e tu nè nessun altro lo volete capire, o accettare. Non è un periodo, questo, non sarà mai un momento, sarà sempre una faccia di me, Giano  di donna che non volete accettare.
Mi costruite perchè non volete ammettere d'avere sbagliato le vostre valutazioni: mi volete così come mi sono mostrata, abilmente costruita, raffinatamente venduta. Avreste vergogna a farvi vedere in giro con una che i suoi mille aghi puntuti se li porta addosso, pelle dell'estate come giacca dell'inverno. Ma il problema, capirete, sono solo le vostre illusioni, non le mie. Le mie da tempo giacciono sotto cumuli di reale schifo, sotto il mio stesso compiacimento, sotto una stima stracciata, sotto un raziocinio sepolto e un orgoglio di ghiaccio. Sotto desideri lasciati marcire per comodità e disprezzo.
Non guardarmi come se non fossi la persona sporca che sono.
Lasciatemi stare.

domenica 16 ottobre 2011

Meant to be

- Non posso farti entrare nel mio mondo

- Non te l’ho mai chiesto

- Lo chiedono tutti prima o poi

- Se lo chiedono è perché non lo sanno fare da soli. Io ci sono già, e non  te ne sei accorta

- Allora quella porta sempre un poco aperta è opera tua

- Le porte aperte lasciano passare aria e luce. E non sei l’unica ad averne bisogno per sopravvivere

- Siamo un gradino di legno in una scala di marmo, mi sa

- Io voglio solo arrivare in alto. E se ne ho voglia, sedermi a riposare.

mercoledì 7 settembre 2011

Profondità petrolio


Sono così stanca e demoralizzata e nervosa e bisognosa che stasera, ad avere una spalla su cui appoggiarmi, potrei anche farmi un pianto.

domenica 4 settembre 2011

sabato 3 settembre 2011

Condizionali, passerelle e All Star


Se non siete la Bellucci (e non lo siete, altrimenti ora sareste a Venezia alla mostra del cinema) o la Kate Moss (e non lo siete, altrimenti ora stareste in una stanza buia a chiedervi come avete fatto a stare con quel cesso di Pete Doherty), beh, se non siete nessuna di quelle bellezze da passerella, e su una passerella non siete mai salite, non fatevi mai venire la bella idea di accettare un lavoro come vestieriste o giù di lì. Ora, se malauguratamente doveste accettare, vi prego di farlo almeno in compagnia di amiche, così da rendere l'esperienza per lo meno condivisibile in termini di commenti e consolazioni che, ve lo assicuro, non mancherebbero e non dovrebbero mancare.
Se voi aveste accettato questo lavoro, mettiamo per assurdo, avreste innanzitutto visto cosa succede dietro le quinte di una sfilata, e sareste rimaste decisamente scioccate dal CASINO che vi regna. Avreste visto arrivare queste DEE già truccate e pettinate da DEE, mentre voi con la vostra tshirt dei Penuts e le fide All Star vi sareste istintivamente mezzo nascoste dentro i porta abiti, giusto per mimetizzarvi con il gazebo e distrarre l'autostima già piangente. Poi avreste visto che le DEE si spogliano di fronte ad altre dee, di fronte ad estranei, di fronte a specchi, di fronte a grucce vuote e a tecnici luci come dentro la doccia di casa propria, e la cosa vi avrebbe potuto causare ulteriore senso di umilizaione, considerando il vostro senso del pudore che vi tiene per mano anche quando avete davvero voglia di spogliarvi, con UNA e QUELLA SOLA persona IMPORTANTE lì con voi. Come siete infantili, cazzo.
Insomma, se foste state lì in mezzo, a seguire la vostra modella - bella bellissima ma proprio - una biondaocchiazzurrimagrissimaabbronzata - appena arrivata le avreste detto "sei troppo alta" guardandola dal basso delle vostre suole rasoterra, mentre lei si accorgerebbe a malapena di voi dai suoi tacchi 15 (ma anche da scalza). Probabilmente avreste la fortuna di vedervi capitare una DEA simpatica, che vi chiederebbe un fazzoletto ad ogni uscita perchè sarebbe sudatissima (si morirebbe di caldo) e si arrangerebbe abbastanza ad abbottonarsi pellicce e cappotti, a differenza della sua collega "Demonio" (amiche colleghe vestieriste raccomando, ricordo), bianca cadaverica, faccia amichevole come uno a cui stanno mettendo una multa, iphone rosa e ho detto tutto, che se ti guarda probabilmente muori all'istante.
Poi se aveste una deformazione per la quale vi mettete sempre a ragionare sulle vite della gente, probabilmente iniziereste a costruirvi nella vostra mente storie sulle vite delle varie DEE, cercando di immaginare come potrebbero essere nella loro quotidianità, e decidereste che diverse di loro sarebbero probabilmente studentesse che di solito vestono come voi, ma forse anche no.
E niente, se foste state impegnate a preparare il vestito per ogni uscita, e spogliare la vostra DEA che, sudata come una giraffa della savana, non riuscirebbe a togliersi i vestiti, e vi toccasse di tirarglieli via facendo leva e togliendole anche il primo strato di pelle e vedervi schifate al dover toccare tutta quella pelle bella, per carità, ma SUDATISSIMA cheschifo- che allora, cazzo, sono umane anche loro!! - insomma, ecco, ripensereste  A RIBASSO all'ammirazione per questa categoria.
Quando aveste un minuto di tempo tra un cambio frenetico e l'altro, vi potrebbe anche capitare di accorgervi che nell'ambaradan di truccatori, parrucchieri, vestieriste, gente che non si sa cosa faccia lì in mezzo, proprietari di atelier, proprietari di negozi, direttrice di serata con cartelletta e auricolare, ci fossero anche un paio di modelli maschi, e vederli circolare nel piccolo backstage alla ricerca dei pantaloni, mentre vi si piazzerebbero davanti in slip e vi sbatterebbero in faccia petti scolpiti e una faccia niente male. In quel momento potreste comprensibilmente pensare che in effetti non sarebbe stata una cattiva idea accettare questo lavoro, e l'illuminazione del perchè molta gente del mondo della moda sia gay scenderebbe su di voi come lo spirito santo, inondando per un sette secondi l'intero backstage di luce bianca ed effluvi d'incenso, mentre campane suonano a festa e voi iniziate a levitare.

lunedì 29 agosto 2011

Bricolage e altri passatempi cerebrali

Ma, andando all'osso, noi, esseri umani, siamo un insieme di piccoli cassettini che sono riempiti dalle (con le) varie persone che entrano a far parte della nostra vita? E, tipo, quando una persona è importantissima per noi si becca il cassettone grande, quello della biancheria e dei soldi di scorta? E poi, quando esce dalla nostra vita? Sarà sempre il suo cassettone, con dentro le cose solo sue, i suoi sorrisi e le sue pose più belle e le canzoni che solo lei e i suoi capelli e il suo vestito più elegante mischiati coi nostri ricordi di lei? Che quando gli passiamo accanto andando in un'altra stanza di noi, a volte succede che ci fermiamo e lo apriamo e tiriamo fuori qualcosa che ha un senso solo nell'allora, e poi riponiamo tutto con cura ancora lì dentro, tra la carta velina, che non si sciupi e non sgualcisca? O diventa luogo da subaffittare ai nuovi che arrivano a sostituire, che c'è da far spazio che giungono calzini freschi di filo? Com'è che funziona? Si cambia nome sul campanello? E la persona che c'era un tempo? Spodestata del sommo angolo, le resta almeno in affidamento (lo spazio di ) un piccolo cassettino di cui non ricordava di aver conservato la chiave finchè un giorno s'è messa le mani in tasca e se l'è trovata fra le dita?
Io il cassetto F. lo vorrei avere ancora in custodia, se possibile. Che lì dentro c'è una che ero io, ogni volta.

domenica 28 agosto 2011

Stavolta la mira l'aveva presa bene


Loro due sono due parti di un intero, due mezzi che fanno uno, due due che fanno quattro, due uno che fanno due, insomma, due pezzi che si completano e formano un bel numero. Marco è di quelli che portano in giro per il mondo uno sguardo intelligente, dolce e indagatore, di quelli che quando si soffermano su di te ti viene da sederti meglio sulla sedia, dritto, chè ti senti sotto osservazione, tiri un po' giù l'orlo della gonna, oddio, avrò qualcosa che non va, un po' come quando in classe avevi appena passato un bigliettino e dovevi sostenere quel paio di occhi che si sporgevano dalle lenti, e prima di riabbassarsi sul registro passava un'eternità. Colto e interessato alle cose che ama, che staresti ad ascoltarlo per ore, anche solo per vederlo cercare le parole giuste per raccontarti una storia, mentre ti offre una grappa distillata con non so che erba di montagna. Alessia è un piccolo vulcano di dolcezza non sdolcinata, di insicurezze, di occhi che sorridono, di intelligenza che affiora sempre sempre abbracciata a una grandissima sensibilità. E' divertente e per nulla snob, la vita non le ha fatto mancare quella bella dose di ingiuste sofferenze, ma lei sorride in un modo autentico, di pancia, che ti senti accolto dalle sue risate, e vale molto più di quello che lei crede, altra vittima di immotivata insicurezza.
Marco e Alessia si sono conosciuti all'università, studiavano cose diverse, e chiaramente lei non lo poteva sopportare. Quando li ho visti, oggi, in quel loro pezzo di mondo che sembrava uscito da uno dei miei sogni (verde a perdifiato, monti e pietre, vento e medioevo e case vecchie e esplosioni di fiori e acero noce cipresso frutti sui rami e giù ancora verde e l'altalena, uh, l'altalena), mi sa che sulla panca lì con noi c'era seduto anche quel semidio nudo amico di Pollon, e magari si faceva i cazzi suoi, ma stavolta la mira l'aveva presa bene e si gustava anche lui il risultato del suo ottimo lavoro.
E ricordo ancora le chiacchiere di me e lei, in ufficio: chè ci sono momenti in cui non lo so, le litigate sono furibonde, e siamo davvero diversi, e fatico a far capire tutto questo agli altri e penso che forse sono pazza io, e lui è orso orsissimo e non so se mi lascerà entrare nel suo mondo, lui dice di sì, ma io non vorei sentirmi ospite e però non lo so spiegare, sento che con lui sono a casa, e vivo. E poi c'è stato il velo e lei era bellissima e senza gli occhiali, e lui imbarazzatissimo, un bambino frastornato dalla baraonda in un vestito importante, e i loro progetti di qualcosa di lontano, di loro, di diverso, di rischioso, di coraggioso. E infine l'inaugurazione del loro agriturismo azienda dove zappano e tagliano e seminano e si asciugano il sudore e lei guarda lui che si è messo a farle la macedonia perchè lei non ha mangiato, e allora io sono tanto felice per voi, ecco.  

lunedì 22 agosto 2011

Di non essere abbastanza

Che ci penso stasera, che c'ho un mal di testa fotonico e ho appena deciso che s'ha da fa quella cosa. E quello che penso è che in definitiva abbiamo tutti paura. La paura però mica ce la mettono nella nostra confezione quando ci recapitano sulla terra, mi sa. Arriviamo Lego di carne piccola ma audace come fauce di leone, chè abbiamo il coraggio di mille eroi quando nasciamo e ci mettiamo a urlare in braccio a una sconosciuta che ci prende in mano mentre siamo sporchi dello sporco del mondo dall'altra parte, e ci mettiamo a strillare perchè si dovrà pur fare casino con quello che è successo, no? E lì sì che il mondo ce lo abbiamo in mano.
Poi ci mettiamo a fare la cosa più sbagliata del mondo, ovvero crescere, e lì la paura entra nelle tasche delle nostre gonne a pantalone che la mamma ci faceva fare dalla sarta, ma che abbiamo sempre odiato odiatissimo odiatissimissimo, e lì ci restano, a pochi cm dalla nostra pelle. E la paura era solo una taglia più piccola di quella che poi ci avrebbe accompagnato nei teen e negli enti, pure negli enta e se tutto va bene anche negli anta, mi sa. E la storia è sempre la stessa. Paura di deludere, di non saper essere felici, di non capire quando si è felici, di essere felici soli, di dimenticarsi di essere felici, di sognare sogni sbagliati, di non avere più tempo, di essere onesti, di aver aperto la porta sbagliata, di farci sfuggire le parole e le mosse giuste, di vedere gli occhi di chi soffre, di non capire quando è il momento di agire, di non capire quando è il momento di tacere, di rinuncare troppo presto, di insistere troppo, di dirci la verità cattiva, di lasciare tutto quello che abbiamo, di ammettere, di varcare confini, di non riuscirci ancora una volta, di non sapersi spiegare, di non arrivare lì in fondo, di affidarci, di capire male, di rinunciare alle sfide, di perdere le sfide, di combattere il destino, di morire, di avere sempre voglia di sparire, di mancare di appoggi, di non essere abbastanza. DI NON ESSERE ABBASTANZA.

mercoledì 17 agosto 2011

Il riposo dei giusti


PROLOGO
All'ombrellone n.6, prima fila fronte mare, si disquisisce di Umberto Eco e Guido Gozzano ma pure della Ventura e di Belen. Io se mi conoscessi adesso mi innamorerei seduta stante di me.

ATTO I
Ad arrampicarsi, pancia in giù sulla sdraio in direzione onde, si possono scovar scene delicate e un poco retrò: un tizio calvo in mare abbracciato al suo canino che teme l'acqua, il venditore di aquiloni che fa pausa sigaretta e quasi non decapita un marmocchio col filo pendente, due corpi bianchi bianchissimi che si tengono per mano mentre schizzano coi piedi urtando il bagnasciuga dei loro passi.

All'improvviso entrano in scena i veri protagonisti: punte delle orecchie in rapida fase di abbrustolimento; sguardo finto disinteressato al tizio incredibilmente affascinante che incredibilmente passava di lì, occhiata d'intesa e palette in alto - votate -  voto 8 e 1/2; uomo del lettino di fronte (fedifrago, scoperta ignobile) che precipita, vinto dalla forza di gravità, sempre in posizione orizzontale nonchè con suddetto lettino sulle sue fedifraghe membra; svariati skip alla riproduzione casuale dell'Ipod che ripropone il passato nelle varie versioni pop, rock, smielè; parte bassa del mio nuovo costume che vive di vita propria mettendomi in serio imbarazzo; spiaggiamento in riva a mò di foca monaca con corredo di sabbiature e sguardi che mi sanno troppo lascivi, prima di capire che sembro una che fa la lotta nel fango - mi risciacquo, va;  risate belle e di pancia come non da un po' e paninazzo speck formaggio e funghi con vista su.

CONCLUSIONE
Domani, altri lidi. Poi, per qualche altro giorno, stessa spiaggia stesso mare. Considerato come sto, potrei anche mettermi a cantare questo.

martedì 16 agosto 2011

Un paio di cose da chiarire

Premesso che nessuno è obbligato ad avere a che fare con me, è il caso di avvisare gli eventuali arditi che ci sono alcune cose che è bene che sappiano, così, giusto per non venire a recriminare a posteriori, o piagnucolare che loro non lo sapevano.

Quindi, sono una persona solitaria, mi piace stare per i cavoli miei, sto col naso in un libro o con la testa fra i miei pensieri, che o sono storie, o sono riflessioni, o sono osservazioni senza direzione. Smettiamola con questa storia dei non ti fai mai sentire, che la posso capire da chi mi ha visto una volta per caso, ma non da chi con me vanta legami e relazioni, chè allora della sottoscritta non avete capito un cazzo, e godete a farmi sentire in colpa per quella che sono. Soffro a dover spiegare la tendenza all'isolamento, mi sento fuori posto con persone troppo mondane o troppo giuste, in generale con chi non conosco, anche se mimetizzo l'imbarazzo con una dose sufficiente di banalità, moneta corrente in questi giorni di superficie piatta e lustra. E di solito funziona.
Non sono una che abbraccia, tocca, tasta gratuitamente, e se me lo vedete fare, significa che sono innamorata come una peracotta. Non se ne abbiano a male, quindi, amici e conoscenti verso cui non provo l'istinto di abbracci e baci: niente di personale, sono solo io.
Tecnologica per destino, per vocazione, per generazione e per auto conservazione, apprezzo una telefonata se ci si chiede che fine ho fatto, fanculo facebook, le mail e le mille diavolerie targate www.
Fatico a dare possibilità a qualcuno, ma forse è che davvero di rado trovo qualcuno a cui darne.
Se mi affeziono divento leale anche nel fuoco, vendicativa se tradita.
Quando mi sento trattare come una deficiente da qualcuno che stimavo e a cui voglio bene, dopo l'incredulità e la doccia fredda - freddissima - della realtà che si mostra per quella che è (cretina io che non l'avevo vista prima), mi tengo per me il mio sbrego dolente, tiro una riga e addio e grazie.
In ultima, di gente che vuole far parte della mia vita a part time, non so che farmene.

lunedì 15 agosto 2011

Dici a me?


Ti te sì na brava tosa
che sabo e venare riposa
saria da torte come sposa
ma stasera te voio vergognosa.

(mudandoni de lana e giubbin e scatta l'autobiografia)

domenica 14 agosto 2011

Piccole cose belle


Della serie: avere dieci anni  e non vergognarsene. Ieri sera mi sono emozionata come una ebete quando ho visto lì, in mezzo alla strada in una notte nera nerissima, illuminati dai fari, i due occhietti scattosi di una micro civetta che dopo iniziale imbarazzo ha pensato bene di levare le tende.
Che bello.

martedì 9 agosto 2011

Naftalina

Quando arriva, la morte, intendo, è sempre una cosa che ti sa di assolutamente estraneo, assurdo, innaturale. Almeno quando arriva per gli altri, per quelli che ti stanno intorno, per quelli che hai sentito fino a ieri al telefono, di cui hai visto circolare i vestiti per casa, di cui hai parlato fino all'altro ieri; quando toccherà a me, non so. E certo, si dirà  che arrivati a novant'anni si aveva vissuto eccome, ma sono i soliti discorsi che si fanno perchè non si sa cosa dire, chè la morte, bene o male, lascia senza parole sempre, e il modo più economico per riempire questo spazio è la banalità.
Saranno quelle parole in una telefonata fatta di corsa, mamma stasera non torno a cena, e una doccia fredda, di piccoli spilli, in piedi, davanti alla porta della cucina, vestita, là. Non è che perchè uno ha novant'anni, si sia sia meritato di morire. Come non si era meritato di vivere, per carità.
E insomma, sono contenta di esserti venuta a trovare in quella casa di riposo che all'inizio mi era sembrata quello che in effetti è: un parcheggio di vecchi. E poi però li ho visti vivere come si vive in una famiglia, solo ognuno stretto nelle sue ossa, chi consapevole, chi nel suo mondo. E tu ci avevi portato nella chiesetta, "così quello non ti viene a chiedere le caramelle" che invece poi era venuto lo stesso, e io gli avevo allungato una Golia, e lui forse mi aveva sorriso con quel mezzo ghigno sghembo, caverna di due o tre denti. E lì avevi chiacchierato fitto del nuovo nipotino, e mi chiedevi di me, e mi tenevi la mano come fanno sempre i vecchi, e la tua pelle sottile era carta velina sulle vene blu, che le sentivo pulsare di sangue che andava lento. E avevi voluto dire un'Ave Maria insieme - ci tenevi così tanto - e poi avevi iniziato a bisbigliare qualche latinismo religioso dei tuoi tempi, prima di segnarti e salutare il tuo Signore. E qui c'è la sala, e lì, vedi quella lì, quella è cattiva e mi fa i dispetti. Forse è lei che mi ruba la crema. Guarda tutti torvo. E di là c'è il refettorio, stasera minestra e roba leggera. Poi si guarda la tv.
Ci siamo salutate dopo che avevo rifiutato la tua mancia "per il gelato", e dalla porta a vetri muovevi la mano ciao ciao, piccina com'eri, col tuo sorriso soddisfatto e smorzicato dalla dentiera. Era ieri che i tuoi vestiti lavati e pronti da recapitarti avevano diffuso nella cucina di casa mia quell'insopportabile odore di naftalina, e chissà perchè i vecchi amano così tanto la naftalina. E in quel momento sei apparsa lì in mezzo a noi, all'improviso ci siamo messi a parlare di te, anche se alla tv c'era il tg.
Mi mancherà il tuo sussurrare il mio nome mentre mi chiedi se sono la Francesca o la Giulia, e il tuo piccolo sorriso che si allarga con gli occhi, mentre ti giri ai fornelli e metti a scaldare l'acqua per il the.

lunedì 8 agosto 2011

2 settembre sfilata!

E a parte questo, non ho molto altro da dire (eccetto: senti che bello sto ventoooo).
Più che altro volevo una scusa per mettere questa canzone, che è sempre un cazzo di capolavoro.
Cheers a voi, orsetti.

domenica 7 agosto 2011

Timidezza e altre tecniche di karakiri

Un po' inquietante in certi momenti, devo dire che comunque mi stai simpatico, e riconosco che sei molto disponibile, nonchè preparato nel tuo lavoro. Però, ecco, se potessi evitare di parlarmi tenendo disinvoltamente e perennemente i tuoi occhi ad altezza Lovable, te ne sarei grata. Voglio dire, sei totalmente carente di quella capacità di guardare senza farti beccare, e la cosa è per me imbarazzante e fastidiosa, a tratti divertente ma più che altro odiosa. Ti manca completamente quella mobilità oculare sottile ed essenziale per lo scandaglio inosservato, che va affinata col tempo, certo, e che i maschi solitamente iniziano ad allenare fin dalla pubertà, per prendersi avanti. Va detto, certo, che si tratta di pratica non esclusivamente maschile, e ci mancherebbe altro. Io sono campionessa indiscussa di suddetta pratica, che il 99% delle volte porto a perfezione assoluta, evitando direttamente di guardare l'oggetto del desiderio, più che altro per timidezza, pensa che genio. Pertanto se non ti guardo, è probabile che tu mi piaccia (tu uomo ipotetico, non tu di cui sopra! ndr). Ma anche no. (ok, sì, sono delle parole crociate senza schema, e chi mi risolve è come minimo un Bartezzaghi, chettedevodì?) A volte però mi trovo in ambiente e situazione ideale, come l'altra mattina in autobus, quando ho potuto rimirare di sottecchi il tizio ragazzo figo seduto a mio favore qualche fila più avanti. Presente quei ciuffi buttati là a caso (che non è mai a caso), sguardo malinconico al finestrino, occhi di una certa intensità, felpina sportiva non male, compostezza rilassata, mani come si deve? Ecco. Insomma, per una bella mezz'ora io e la mia tecnica di ti sto guardando ma non ti sto guardando, abbiamo scansionato il soggetto in questione, il quale un paio di volte deve essersi sentito tirato per la giacchetta, dato che ha alzato lo sguardo beccandomi in pieno mentre dietro occhiali da sole mai schermanti del tutto, dannati, correvo imbranatamente ai ripari con occhi in rapida fuga, tradita meschinamente dal colore del viso in repentina evoluzione dal rosso tiziano al viola prugna, andata e ritorno. Improvviso, dopo un sonoro "cazzo!" mi è balzato in mente quel verso che fa "chissà se ne ridi o se ti fa piacere", che è una cosa che penso spessissimo, considerato che tipo di regali faccio, che tipo di attenzioni porto, che tipo di persona sono.
I conoscenti che mi dicono quindi che non li saluto per strada ora dovrebbero capire, e perdonernno la mia apparente stronzaggine (nonchè miopia, non dimentichiamlo), ma è evidente che sono troppo presa a studiare asfalti, attraversamenti pedonali prossimi, arredo urbano e appigli visivi in genere. Detto in altre parole, io quando sto in giro cerco di mimetizzarmi, studio le piastrelle, guardo per terra ed evito sguardi che potrebbero piacermi. Non so se capite come sono messa.

sabato 6 agosto 2011

Dancing queen


E questa sono io adesso, chè fare versi tutto il giorno su questa canzone ti sfinisce!

Io dico, lasciatevi


Ti accorgi adesso che quei nove-dieci anni di differenza fanno la differenza. Che incrociare i suoi amichetti dell'università e stare fermi mezz'ora a parlare di quanti cfu vale il seminario di musica turco uzbeka non è esattamente il tuo massimo, soprattutto quando questi amichetti spuntano ogni sette metri con i loro tagli di capelli del cazzo, e questa storia non va. Che litigare perchè lei segretamente vorrebbe fare una settimana di mare con le sue amiche, ma non lo vuole ammettere con te, e tu ti incazzi perchè lei non lo ammette, e lei non lo dice perchè sa che tu non faresti i salti digioia, e allora decide di rinunciarci, soffrendo, e tu ti incazzi ancora di più perchè lei ci rinuncia, e inizi ad avere sensi di colpa grandi come il K2, e questa storia non va. Che uscire sabato sera perchè ha sentito che c'è un concerto figo in quel locale in centro, e tu ti eri già programmato il dvd di Ritorno al futuro, pregustando il divanastro dei sogni e le chiacchiere notturne post film su fb con quel coglione del tuo amico appassionato uguale, diciamo pure nerd, e che serata perfetta sarebbe stata, lei non lo capirà mai, e questa storia non va. Che lei è alle primerrime armi, ormone guizzante e chissà quanti fusti all'università al lavoro in palestra al pub, c'avrà voglia di sperimentare, mi ricordo io a vent'anni, cristo che angoscia adesso a pensare a lei con oddio, e questa storia non va. Che oh ma ti ricordi Papà guarda un pollo? Che figata, eh? - EH? - e questa storia non va. Che lei ti dice che ti ama, ma tu mica sei convinto che lei sappia davvero cosa vuol dire amare, e soprattutto chissà a quanti altri sbarbi in Vans l'avrà detto prima di te, e allora io sono solo uno fra gli altri, e tutto questo speciale che prima vedevo com'è che non lo vedo più? e questa storia non va. Che quelle faccine del cazzo nei messaggi o O  ...e questa storia non va. Che il weekend santificato alla fidanzata io voglio stare anche per i cazzi miei, e questa storia non va. Che forse ho fatto degli errori di valutazione, Cristosanto, e questa storia, pensa un po', non va.

Allora io dico. Mi stai chiedendo un consiglio? No, perchè ok amici e confidenti, ma non ho intenzione di essere il dirupo a bordo strada in cui buttare la spazzatura, per cui se lo vuoi sapere, io la mia l'ho detta. Titolo docet e grazie per tutto il pesce (che è una chiusura che ci sta sempre).

Attività ricreative

Mi piace dispensare verità ovvie e metterle in cornice

giovedì 4 agosto 2011

Se una notte d'estate una viaggiatrice


E farsi un giro in macchina, di quelli lunghi e leeeenti, coi finestrini giù e l'aria che ti fa le capriole sulle braccia nude, e qualche stella che se ti pieghi la vedi, là, sopra questi campi che sono la mia terra, che spesso non mi piace ma in questi momenti sì, e buttare gli occhi nel grano, perdercisi dentro, e seguire con lo sguardo la riga bianca di confine, oltre la quale il nero è notte e potrebbe essere di tutto.
Sere in cui la compagnia dei miei pensieri è meglio di qualunque telefonata, televisione, chat, bip. E infine prendere lente quelle strade che di giorno hanno addosso la fretta di gente che non ha tempo di accorgersi che loro portano sempre da qualche altra parte, sempre un po' più in là, se uno un giorno volesse scoprire dove vanno a morire.
E iniziare a corteggiare serratamente la manopola del volume, perchè quando trovi canzoni come questa, cantare in preda allo spirito divino di una Tina Turner de noantri è puro pilota automatico. Scivolo.

martedì 2 agosto 2011

Facciamo diciassette


Non ho molto tempo, e ancora meno voglia di scrivere, ma due cose le devo dire perchè il mondo le deve sapere, ovvero:
1. C'hai trent'anni, mica 20, ed è ora che inizi a frequentare gente della tua età, pirla.
2. Che bello fare la pace. Bello bello bello.
3. Oggi c'era una canoa nel fiume sormontato di riflessi al tramonto, e io l'ho vista di sfuggita, mentre tenevo il tempo col piede zeppato, naso appiccicato al finestrino. Figata, non so perchè.
4. Estate è insalata di riso.
5. I tacchi slanciano, rassodano e attirano sguardi. Ma se li attiri anche a piede rasoterra, sei una spanna più in su senza bisogno degli odiosi orpelli, brutta cessa NANA.
6. Giornalisti, my dear.
7. I tempi sono maturi per comprare un orologio.
8. Mettere in conto di venire bellamente dimenticati una volta che non serviamo più a qualcuno che fino a due settimane prima ci leccava il culo per ottenere il suo scopo.
9. Donne in carriera bel tempo si spera.
10. E le telefonate che ti fanno sorridere mentre guardi nel vuoto e pensi a quanto sei legata a quella voce.
11. Dispiacersi per quelli che sono troppo impegnati ad essere contro, e non si rendono conto di quanto tutti questi siano giorni che mangiano i loro giorni.
12. Che palle quelli che "Ligabue il pittore, mica penserai che parlo di quello sfigato che canta": datevi fuoco con la vostra spocchia da quattro soldi, cretini.
13. Città vuota d'estate, i love.
14. Se ti interessa come sto e cosa faccio, abbi il coraggio di chiederlo.
15. Andare a letto sapendo di aver fatto qualcosa di buono per qualcuno è una bella bella carezza prima dei sogni.
16. Sei originale come un martedì che segue un lunedì.
16 bis. Domandarsi perchè la fabbrica di uomini affascinanti attraenti bellissimi e maledetti ha chiuso i battenti quando ero una lattante.
17. Se adesso mi volessi fare un massaggio qui, potrei anche tenerti con me foreverandever.

giovedì 28 luglio 2011

Come un pavesino nel the


Pensavo. Pensavo a tutte quelle cose che siamo ormai così abitauti a fare perchè le abbiamo sempre fatte e sappiamo che vanno fatte, e a tutti gli ingranaggi sociali che si trascinano dietro, e al loro essere nient'altro che un muro di cartongesso, che al primo pugno vanno giù. E, ok, non si sta capendo niente di questo discorso, ma io so solo che oggi mi sono trovata sotto una pioggia battente, inzuppata come un pavesino nel the, capelli sgocciolanti e lenti a tergicristallo, ed ero felice.
Ero felice di aver corso a passi lunghi e scivolosi per ripararmi sotto la tettoia, felice che la distanza con le altre persone alla pensilina si fosse azzerata perchè, si sa, nella difficoltà trova nuova linfa la condivisione, ed eravamo come tanti bambini che ne hanno combinata una e si guardano ridendo, di sottecchi, solidali e birichini, mentre cerchiamo di asciugare alla meno peggio gli occhiali con un lembo della maglietta e facciamo spazio per l'ultimo arrivato a riparasi con la borsa. Scialuppa di salvataggio, salta su.
E insomma, che bella la pioggia addosso, tanta e invadente, e chissenefrega se i capelli erano belli in piega, e mi sono bagnata maglia maglietta pelle ossa circuiti vene cellule e bottoni. E chissenefrega se i vestiti mi stavano appiccicati che più non si può, e chissenefrega se le All Star mi hanno fatto diventare blu i fantasmini, e che ridere a evitare le docce da pozzanghera degli automobilisti stronzi, e che stupida sentirmi dodici anni perchè mi ritrovo senza ombrello in città un pomeriggio di luglio che ha deciso di piovere forte.

lunedì 25 luglio 2011

Qua si naviga a vista (cit.)


Premesso che avevo già annunciato la chiusura delle trasmissioni di questa mia lavagnetta scrivi-cancella-scrivi che è il natadimarzonatamarziana, i fedelissimi si saranno accorti che il 100 non mi ha scoraggiato, e al conto tondo abbiamo aggiunto qualche fratello cadetto. Beh, diciamo che ho pensato di darmi una seconda possibilità, si fottano i traguardi, e quando ho voglia di scrivere, scrivo. Che sarà presumibilmente meno, ma presumibilmente sarà.
E, visto che di tempo ce n'è sempre poco, mi devo annotare che bisognerà parlare di:

- necessità di risparmiare, ora, chè i tempi sono duri, e DEVO RIDURRE LE SPESE, PUNTO
- maledizioni alle compagnie assicurative di ogni ordine e grado
- riportare su carta (web) la gustosissima discussione di due tizi del dodese in autobus di stamattina
- riflettere sulle impressioni al rivedere delle lentiggini disperse da svariati anni, e ragionare sulla nuova sensazione di ma pensa le cose come sono cambiate, e io come sono cambiata, e tu come sei sempre lo stesso ma diverso perchè io ho occhi diversi, e cristo, ti ho pure citato nel titolo, sei il solito cucciolo a mille chilometri dalla terra, buonafortuna alla tua anima tormentata.

E insomma, ci sarebbe anche dell'altro, però adesso ho solo voglia di dormire, perchè la giornata è stata lunga e piena di cose nuove - tante, tantissime - e, sì, sorrido.

sabato 23 luglio 2011

Chiamalo destino, chiamala Amy


Io lei la adoravo a  distanza: senza essere una fan da strapparsi i capelli, sentivo di capire le debolezze e le storture della sua persona, e - a parte la sua musica straordinaria - mi piaceva a pelle, un discorso di sim-patia, di sentire insieme. Mi piaceva la sua ruvidezza che tracimava quasi nell'antipatia: a non stare attenti si sarebbe scambiata per insolenza, ma era proprio incapacità di stare bene, era un reggersi in piedi sempre mezzo claudicante, un cercare un posto nel mondo e non trovarlo, era un non vi chiedo altro se non di lasciarmi stare. Era uno di quegli antipatici che ti piacciono, e basta. E poi quella voce, dio, che voce.
E mi sono sempre chiesta, questi mezzi geni che finiscono per autodistruggersi, arrivati al capolinea, che idea avranno dei loro mondialmente osannati talenti: li odieranno? facendo parte della loro persona non ci faranno neppure caso? farebbero volentieri a cambio con una vita normale, cedendo a qualcun altro i tormenti di chi è destinato a sentire sempre troppo? quando il sapere di aver emozionato milioni di persone con il loro talento e le loro straordinarie capacità avrà smesso di bastargli? penseranno, come tutti noi poveri mortali, chissà come sarà il mondo senza di me? In verità credo che noi, piccoli spettatori di qui giù, dimentichiamo sempre che dietro al cardigan di turno, agli eccessi fastidiosi, alla testa cotonata e all'eyeliner esagerato del caso c'è sempre una persona e basta. Vene, cuore, occhi, gambe e paure in ogni caso, che si chiami Amy, Janis, Jim, Jeff. Punto.
Adesso ci saranno tutti quei discorsi del cazzo che seguono sempre a una morte celebre, cercata o comunque certo non schivata. Sì, si drogava. Si è letteralmente buttata via. E' stata una sciocca. Ora che l'avete detto vi sentite meglio voi, che fortunati in vite assai mediocri ma ai vostri occhi soddisfacenti, non avete mai neanche lontanamente concepito l'idea del suicidio? Odio quando gli sputatori di sentenze e banalissime banalità spuntano dall'angolo della chiesa addobbata a funerale. Non sapevate e non saprete mai un cazzo di lei, nè di chiunque altro si trovi a vivere nei propri abissi, che ad un certo punto se ne lascia risucchiare. Datevi quindi la mano con tutti quelli che adesso, su facebook in primis, saranno diventati improvvisamente fan dell'artista morta, di cui a malapena hanno sentito parlare, perchè ci si deve stringere a cordoglio pubblico, chissenefrega se la ritenevate una mezza fulminata.

In definitiva, tutti questi discorsi sono davvero inutili. Se n'è andata una di quelli che, grandi, non sanno fare altrimenti che essere autentici, e questo è quanto.
Ciao Amy, coi tuoi 27 anni di tutto tanto, fatti una risata, almeno adesso.

giovedì 21 luglio 2011

Delle cose che non si rescono a spiegare. Venezia.


Venezia è una cosa che è inutile tentare di spiegare, perchè è come un sentimento: appena provi a descriverlo ti scappa da tutte le parti.
Di Venezia mi piace già l'aria che respiro a due passi dal portone di S.Lucia: è come se mi lasciassi il conosciuto alle spalle, e lei mi venisse incontro, già dentro le porte, a prendermi per gli occhi, spettacolo di luce riflessa e bianco e cielo. Quando sono a Venezia mi sento languida come le alghe verdi che si appiccicano sui muri delle case a pelo d'acqua, e vanno lente avanti e indietro, galleggiando in una danza del ventre che ti sembra sempre di vederle partire al largo, e invece rimangono sempre lì.
A Venezia mi perdo regolarmente: è la città più adatta ai nasiall'insù, categoria di cui faccio parte in termini onorari. Venezia è però l'unico luogo in cui smarrirsi senza agitazioni: non c'è il rischio di arrivare chissà dove, perchè spunti sempre in qualche campo, in qualche calle che non avevi visto, o di cui avevi visto poco o niente, e anche solo il taglio d'ombra spariglia tutte le carte e ti pare di esserci per la prima volta.
Venezia è bella per chi ama la solitudine contemplativa, perchè trovi sempre - incredibilmente per una città da milioni di turisti - una riva solitaria in cui ti puoi sedere a riposare, e guardare lente le onde del canale annunciare l'arrivo di una barca, che giunge sempre all'improvviso, sinuosa e danzante, già vicina, libera dal nascondino del muro che mozza immancabilmente lo sguardo alla prima o seconda ansa.
Secondo me l'atmosfera di Venezia è così magica perchè la sua aria è fatta di milioni di sospiri di chi la vede e, trattenendo il fiato, se ne innamora.
L'arte è dappertutto a Venezia, che si acquerella da sola mentre si specchia sul mare, da riva a riva, ponte su ponte, sberleffo dei bevitori di ombre improvvisati poeti, autentici profeti del passato.
Quello che credo, poi, è che Venezia la possono amare davvero solo gli inquieti, perchè la possono sentire; tutti gli altri si fanno foto a Rialto e scarpinano per arrivare a San Marco prima della guida per riuscire a comprarsi una gondola di plastica e fare chees accanto a un gondoliere.
Di Venezia mi piace l'acqua, che è dappertutto, e tu ci cammini sopra, e la guardi dall'alto, ma è come se ci fossi contemporaneamente dentro, perchè è ovunque, anche nella voce della gente. Il dialetto dei veneziani è  un corso d'acqua pure lui: cosa cantilenante, un po' snob, certo aristocratico nel suo essere di gente unica al mondo, che del mondo pare non fare parte.
La notte a Venezia è uno sfondo di presepe, è una distesa di vetri rotti che lanciano riflessi, è il tocco del vento che viene dal mare tra i capelli, è la descrizione di uno stato d'animo buttata giù da un bravo scrittore, e uno sguardo che cerca di andare distante ma si infrange addosso al faro più vicino o alla sagoma di un ponte su cui c'è sempre un pedone solitario stretto nel suo cappotto.
A chiamarla città, Venezia, mi viene un certo fastidio, perchè della città non ha davvero nulla: nè il traffico, nè i palazzoni, nè le strade coi marciapiedi, nè i semafori nè la periferia pericolosa o la percezione costante di affari sempre imminenti. Venezia non è affatto una citta: ci entri e tutto il resto del mondo non sai che fine fa; è il posto del senso di meraviglia, delle cose che vedi e non tocchi ma che devi solo respirare. E' una cornice in cui si muovono i sentimenti, un set in cui le persone vivono quello che che hanno dentro, e il recitare quello che sono fuori passa a solo contorno. Un ballo in maschera che quando sali in treno e arrivi a Mestre ha già tutto un'aria di ridicolo.
Anche la nebbia, a Venezia, si inchina alla sua maestosità e, lungi dall'essere la bastarda del resto della Pianura Padana, le si accomoda intorno al collo e la ingioiella con una collana di dolce e delicata tristezza, vezzo di una vecchia signora che, seppur decrepita, non esce mai senza farsi bella per nessun altro se non per se stessa.
Ho sempre l'impressione, poi, che Venezia sia come i suoi gatti: se ne sta lì e in definitiva se ne frega abbondantemente degli altri, non le importa di apparire, lei solo sta, e ho il sospetto che sia nella sua indolenza di matrona che il mondo le riconosce il suo inscatolabile fascino.
Venezia è anche il tributo che la bellezza paga alla natura con le sirene e le passerelle e il naturale corso delle cose a cui si arrende flaccida e pigra, come i veri signori, lasciando l'inesorabile fare il suo corso, che la mangia a pezzetti, accarezzandola di acqua cattiva che tutto abbraccia, presagio di affondo.
La Venezia che conosco io ti aspetta in quegli angoli che scopri per caso, e poi non ti ricordi mai più la strada quando ci vorresti tornare, e quando inizi a rattristarti pare consolarti a modo suo, e colonne imponenti ti abbracciano gli occhi appena metti il naso in un piccolo campo, e la meraviglia ti prende, là, su gradini di marmo vecchi e scivolosi.
Venezia sono così tante cose che è come quando prendi un sospiro grosso e vorresti metterci dentro più aria, ancora e ancora e ancora, ma non te ne sta più. E' così malinconica che vorrei essere l'acqua che scorre tra le sue fondamenta, per non lasciarla mai.

martedì 19 luglio 2011

Nel cortile dei sogni, ciao Carlo

Non sono in nessun modo una fautrice della violenza, dell'anarchia fine a se stessa e dell'odio gratuito verso le forze dell'ordine, chè le trovo cose stupide, di una stupidità ignorante, ancora non più accecata da ideologia, ma da vero distacco dalla realtà.
Quello che però sono, e l'ho capito non so quando con precisione, ancora bambina, questo sì che lo so perchè lo sono sempre stato, è essere una che sta dalla parte dei sogni e di quelli che hanno sogni.
Quelli che hanno sogni, sono quelli che non gli basta l'adesso, o non lo possono proprio accettare, e allora si arrampicano su una scala a pioli che cresce dentro di loro, e nella speranza di arrivare da qualche parte, si arrabattano nella loro salita. C'è anche chi, semplicemente, di spazio per i sogni non ne ha neanche più, e dopo essere precipitato da qualche gradino alto, ha deciso di dire al mondo che di là dal muro, lì su, qualcosa c'è, ed è nel diritto di ognuno riuscire a toccarlo. Che poi sogni sono anche cose normalissime: un lavoro, una dignità, una giustizia sociale, un essere ascoltati perchè si ha una bocca, un pretendere di far valere il proprio diritto alla felicità, di far vivere i propri valori. Quelli che hanno sogni, poi, sono gente normalissima, magari anche timida, che una domenica aveva intenzione di andare al mare, ma invece ha cambiato idea perchè qualcosa non quadrava, ancora una volta, e quando è più forte di te, prendi e vai.
E quindi a proposito di sogni e gente che sogna, quei fattacci mi colpirono come una sassata in testa, come solo la morte  di un ragazzo, gratuita e spaventosa proprio perchè innaturale e ingiusta, può colpire una adolescente fatta di sogni e poco altro. Ventitrè anni che non sono niente, solo un corpo su cui passano sopra le ruote un paio di volte. Non voglio entrare qui nel merito dei fatti di Genova, chè il discorso, come tutti i discorsi dolorosi, non sarebbe e non potrebbe essere nè lineare nè univoco nè completamente obiettivo, ma mi va di salutare Carlo. Carlo, che da quanto ho visto e letto, manco doveva esserci a Piazza Alimonda quel giorno. Carlo che per me, lungi dal diventare un eroe, era uno di quelli che forse volevano solo dire io voglio un mondo diverso, lasciatemelo sognare.

venerdì 15 luglio 2011

Un pizzico di epica, plis

Ma.
Se salta fuori che una persona ti dedica un'opera del suo ingegno (che può essere un libro, una canzone, un album, una certa poesia, mettiamo), cosa devi dedurne e come ci si aspetta che ti comporti?
Vuole dirti qualcosa e non sa come dirlo? Devi chiedere spiegazioni? Devi ringraziare? In che modo? Basta un sorriso e un grazie o ci si aspetta una qualche ricompensa in natura? Devi iniziare a considerare la persona in questione sotto un'altra prospettiva? La persona ti spiegherà mai perchè l'ha fatto?

Niente, è che sono una che si fa molte domande e di solito non sa darsi risposte (che comunque sono sbagliate).

giovedì 14 luglio 2011

14 luglio 2011


Vi capita mai di svegliarvi e avere un sorriso ebete in faccia e sapere a malapena perchè?
E dirvi che effettivamente era da un pezzo che non vi capitava di rimettervi gli occhiali dopo la sedia elettrica della parrucchiera (tempo di totale buio del mondo nel quale la sadica può farvi letteralmente di tutto, tanto voi mica vedete una cippa) e inforcando i fedelissimi portatori di diottrie, guardarvi ed esclamare con soddisfazione Che figa!
E alzarvi la mattina con una leggera brezza tra le foglie dell'albero davanti la finestra di camera vostra, che ad allungare la mano le riesci a toccare. E il suono delle belle in verde che apprezzano le carezze, a quanto pare.
E trovare un sms di mattina prestissimo che ti dà un buongiorno ancora sonnacchioso, di chi conosce le tue abitudini e non sentivi da un po'.
E sapere che oggi magari.
E sentire non so come, che la vita sono tanti minuti di miliardi di cellule nell'ovunque.
E ascoltare sta canzone che mi fa sempre iniziare a ballare in maniera scombinata (la mia).
Mi sa che è anche l'emozione degli ultimi post.

mercoledì 13 luglio 2011

Segreto

Che infine a togliere strati, strati strati, e cancellate di sicurezza, e protezioni, e muri e cecchini e ad ammansire coccodrilli sotto il ponte levatoio, io sono questo.

martedì 12 luglio 2011

Is it really me?

Ora, io credo che lei sia sublime, e lui interpreti un personaggio affascinante per molti molti motivi (tutti scelti per affondarmi), ma soprattutto sto film mi ha fatto piangere come una cretina, ma nessuno mi ha visto, quindi tutto sotto controllo.
Ci vorrebbe un mago della pioggia per ciascuno di noi, bando ai fottuti specchi, ai nomi che ci danno e a quelli che scegliamo, ai capelli raccolti, ai tamburi e al non credere nei sogni.

Quasi quasi - premonizioni d'estate

Non so se sono una che crede alle premonizioni, diciamo che alcune volte mi è successo di essere certissima che qualcosa si sarebbe verificato, e invece nisba, e però molte volte il mio sesto senso (regolarmente dalla sottoscritta ignorato) ci ha preso. Però il sesto senso non credo si possa ascrivere alla categoria visioni del futuro, quindi comenondetto. E insomma, tutta sta pappardella perchè domani s'ha da fa, e stanotte ho sognato che davo ordini alla parrucchiera di farmi i capelli come i suoi. Mmmm...

Però mi vuole bene

L’altra sera si affrontava la sempre attuale questione su diritti e doveri all’interno della coppia, compromessi inclusi. Il dibattito è stato acceso, e ancora una volta mi sono stupita della mentalità di alcuni. Tagliando e incollando e soprattutto sintetizzando, mi va di illustrare anche qui la mia personale visione della faccenda, perché mi sembra interessante, e perché ne ho voglia.
E insomma, premesso che la base è sempre il rispetto e blabla, io mi impuntavo su un concetto che a quanto pare deve essere solo mio, perché pochi lo condividevano, e quasi sempre con riserve. Ora, per come la vedo io, una coppia è chiaramente un noi, ma è sempre, e deve rimanere sempre, un 1+1, dove gli uno sono irriducibili, atomi e forma ultima oltre la quale non c’è esistenza, e soprattutto possibilità di semplificazione (matematicamente parlando). E’ come un paletto oltre il quale non ci si può e non ci si deve spingere, ma soprattutto, secondo me, non si ha neanche il desiderio di spingersi, perché è giusto che sia così. Voglio dire, non credo che l’uno si debba perdere completamente nella coppia, né come convinzioni, né come idee, né come abitudini. Mica devo iniziare ad ascoltare i Nightwish perché sto con un metallaro darkettaro, mica mi devo iscrivere al pdl perché sto con un testa di cazzo, mica devo smettere di portare le All Star perché lui solo Prada. Non dovremmo permettere che la storia trasformi completamente quello che siamo. E con questo non sto dicendo che inevitabilmente, naturalmente, fisiologicamente, giustamente ci adatteremo in qualche modo a questa nuova condizione, ma che lo dobbiamo a noi stessi, di pretendere di restare noi.
E qui arriviamo all’esempio della serata, su cui i pettegolezzi non si sono risparmiati (caro M, non ti preoccupare per i fischi alle orecchie). State pronti, perché è successo a tutti, prima o poi:
Lei non vuole che lui abbia contatti con una amica (di lui).

Ora.
(bestemmia)