giovedì 26 maggio 2011

Schiva piega scansa tuffati e schiva

- Necessario? E' necessario che io beva la mia tiepida urina?
- Probabilmente no...
- No, ma io lo faccio lo stesso perchè è sterile e mi piace il sapore!
- Eh, certo..!

Sarò anche cretina, ma ogni volta che guardo sto film rido come una cretina, per l'appunto.

Pronto, c'è Darwin?

Finiti i tempi di caverne, clave e mammuth, e giunti in quella del realismo iperreale, la selezione naturale provveda all'estinzione degli individui privi di immaginazione.
O faccia sopravvivere solo i pinguini, per me andrebbe bene uguale.

giovedì 19 maggio 2011

Raise your glasses

Pink è una tizia che mi piace abbondantemente, perchè è una vera pazza, di quelle autentiche e non di quelle che serve per vendere dischi e diventare una star (leggi: Lady Gaga&much much more). Pink mi piace perchè fa canzonette pop e perchè ne ha passate diverse, inoltre non è la figa stereotipata, ma la trovo bella, nella sua sfrontata estetica eccessiva.
Insomma, abbiamo capito che mi piace Pink. Mi piace anche perchè ha scritto un QUASI inno per gli occhialuti, titolato Raise your glass, da me ribattezzato Raise your glasses.
Ma perchè un inno a due pezzi di vetro e plastica? Perchè i glasses sono un universo, la porta per un mondo altro, un armadio di Narnia versione oggettistica da indosso.
Con gli occhiali puoi:

La botola del buonumore


Che a spiegare che passare il mio tempo da sola per me è una GIOIA, e sto benissimo, e non ho bisogno di avere sempre gente intorno, e che questa è proprio una necessità, non una mancanza di interesse o scarso trasporto nelle relazioni, è una rottura che mi tocca affrontare molto più di quel che vorrei. Praticamente con tutti quelli che mi stanno intorno. Marziana mica per altro. Mica sto dicendo di non badarmi di striscio, ma capiscimi, amo stare per conto mio.
Lasciami stare, e mi avrai.
Vorrei cadere più spesso nella botola del buonumore, chè quando succede, è una bicicletta e il vento e io.

martedì 17 maggio 2011

Talvolta spesso

Talvolta, ma talvolta spesso, mi incazzo come una iena con me, con chi mi sta vicino, e col resto del mondo. Talvolta spesso, infatti, mi capita di incappare in quelle che sono le vere sventure, e non parlo di perdita del portafogli, della macchina rigata o del litigio con capotestadicazzo. Di solito, se ci va bene, le vere sventure sono sempre degli altri, che non sono mai del tutto altri, chè magari ce li abbiamo in classe, in famiglia, in compagnia. Quando la sventura si impossessa della forma di un viso conosciuto e di una voce famigliare, è come se la bastarda uscisse dal dizionario e fosse un dannato insetto che lascia cacche in giro, anche se tu non lo riesci mai a scovare. E allora mi viene forte la voglia di prendere qualcosa di contundente e feroce, così, per tagliarmi e provare a punirmi per la non giustizia di tutto questo.
So che non serve a niente, ma magari la prossima volta non mi dimentico di non dimenticarlo.

lunedì 16 maggio 2011

Libero arbitrio vendesi

Leggevo un libro, ieri notte, e in realtà diciamo che lo stavo divorando, non senza una certa inquietudine, ad un certo punto, perché verso pagina 230 e qualcosa è saltato fuori anche un morto, imprevisto e imprevedibile, e io non sono certo nota per essere miss coraggio. E insomma, leggevo sto libro dove un arguto giovane poneva l’altrettanto arguta questione in termini più o meno questi: se potessi scegliere tra essere sciocco e felice o intelligente e triste, cosa sceglieresti? Beh. A quel punto il mio cervello ha iniziato a giocare a ping pong, e addio lettura (il morto, con corredo di grida dei personaggi e tachicardie mie, era ancora qualche pagina da venire). D’istinto, immedesimandomi nel tizio interrogato (un certo Paul, figo se non ho capito male, di quei tipi intrippati col computer, mezzo haker, ma anche affascinantemente sfuggente e discretamente inopportuno, ma non troppo, ovvero quel tanto che basta a far capitolare una bambolina come me), d’istinto ho pensato: stupido e felice.

domenica 15 maggio 2011

Le bugie sono gratis (ma si pagano)

Nei momenti di stallo, che erano sempre più di quelli di attività, rimaneva appoggiato allo stipite della porta, guardando il nulla di fronte a lui, e cercando di evitare il nulla, dentro di lui.
Le sue maniere aggraziate erano uno scialle lasciato cadere distrattamente sulla sua indifferenza autentica e sulle sue spalle strette di non sportivo, e non c’era sospiro di donna che non si levasse al cospetto suo e della sua indole maledetta.
I maledetti, in verità, lui li odiava, perché somigliavano a lui, ma scopavano assai più di lui, che maledetto lo era davvero, e questo era un problema, non una virtù. Non che non gli piacesse scopare, chiaro, ma aveva un problema col lasciarsi andare, o qualcosa del genere, o meglio, con  avere quello che desiderava, ecco. Quello che non sopportava, poi, erano le mani degli estranei, quando ti toccano per dirti il loro nome. Prendere la mano di uno sconosciuto è come mostrarsi in boxer ai passanti che ti spiano dal marciapiede, appena alzato dal letto, quando le tapparelle dovrebbero essere ancora del tutto chiuse. E a lui le sue mutande piaceva farle vedere a chi voleva lui.
La verità, poi, era che lui l’amava ancora, e non c’era verso di cambiare la verità.
Lui, da parte sua, si era affrettato a buttarsi fra le braccia di una ragazza non banale, con cui aveva in comune qualche interesse secondario, alcuni amici d’infanzia, la voglia di avere qualcuno da proteggere.



sabato 14 maggio 2011

Cose cui appartengo


Harking is bonny and there lives my love
My heart lies on him and cannot remove
It cannot remove for all that I have done
And I never will forget my love Annachie
For Annachie Gordon he's bonny and he's bright
He'd entice any woman that e'er he saw
He'd entice any woman and so he has done me
And I never will forget my love Annachie.

Down came her father and he's standing at the door
Saying Jeannie you are trying the tricks of a whore
You care nothing for a man who cares so much for thee
You must marry Lord Sultan and leave Annachie
For Annachie Gordon is barely but a man
Although he may be pretty but where are his lands
The Sultan's lands are broad and his towers they run high
You must marry Lord Sultan and leave Annachie.

With Annachie Gordon I beg for my bread
And before I marry Sultan his gold to my head
With gold to my head and straight down to my knees
And I'll die if I don't get my love Annachie
And you who are my parents to church you may me bring
But unto Lord Sultan I'll never bear a son
To a son or a daughter I'll never bow my knee
And I'll die if I don't get my love Annachie.

Potere di una scollatura

Sguardo nanosecondico con nonchalance (malriuscita) al terzultimo bottone aperto - checcazzo, ci sono 27 gradi -. Portare a spasso una camicia un poco scollata, può rallegrare diverse giornate, a quanto pare.
Panettiere, macellaio, fruttivendolo, vi ho in pugno.
Sconti che si sprecano. Quello si era pure scordato di darmi le pesche.

venerdì 13 maggio 2011

Accogliete il Verbo, miscredenti!

E visto che sono una buon'anima, vi piazzo una delle mie preferred del periodo (chiedo venia a chi sa, per essere ossessivo compulsiva con questa canzone).
Yeah baby yeah.


giovedì 12 maggio 2011

Ogni lasciato è perso

Il tempismo non è mai stato il mio forte, e a quanto pare neanche quello della vita, per come dovrebbe essere sulla carta, per come ce la fanno immaginare da che nasciamo. L’ironia della sorte - o la sua stronzaggine, vedete voi - è invece sempre all’erta, molto attenta, guardinga e decisamente con le scarpe allacciate belle fisse giorno e notte, estate e inverno, che non si sa mai.
E insomma, stiamo sto tanto qui a prevedere, a immaginare, a prepararmi, tutto per non farmi cogliere impreparata da niente, chè invece ci scappa sempre qualcosa, quasi sempre tutto.
E allora va a finire che ci vengono in mente le cose da dire sempre dopo, le espressioni da venderci sempre troppo tardi, i baci da parare sempre quando c’è già il contatto, le lettere da spedire quando non ha più senso dire niente, un posto da rivedere quando ha perso tutti gli alberi che ci stavano intorno.
Riflettevo su questo oggi - e lo so che è una banalità bella e buona - chè mi sono scoperta conservatrice (nel senso di conservare e non buttare mai mai mai) non solo di frasi di libri, sottolineate e ricopiate manco una adolescente sulla smemo, ma anche di canzoni, soprattutto canzoni di addio. E allora le metto da parte per quando sarà il momento buono, per quando serviranno davvero, rammaricandomi quasi di non avere adesso una storia da finire, o meglio, desiderando una storia da finire, senza il dolore di doverla finire. In quel caso sarei pronta, con la mia bella serie di musiche da suicidio, da ricordo, da gli taglierei le palle la testa, da perchè nessuno mi vuole.

mercoledì 11 maggio 2011

Donne, è arrivato l’arrotino

Tre semplici regole.
Fategli credere che siamo A PRIORI affascinate da loro, che non notiamo quanta fatica fanno, e che sono loro a decidere.

Se la mattina mi alzo

Se la mattina mi alzo con la voglia di scrivere, so che dovrò fare i conti col pensiero strisciante che presto finirà l’ispirazione, e la storia resterà a metà, come il quarto di pizza mangiucchiato che non riesco mai a finire. Se mi ci metto a ragionare su è ancora peggio, perché la stretta del pensiero razionale è come un’edera rampicante, e a quanto pare io trovo gusto a farle da annaffiatoio.
Allora iniziano i ticchettii, e le cose fuori mica esistono più, esiste solo la velocità che non è mai troppa, le parole che non sono mai quelle giuste, ma qualche volta sì, gli steccati di idee da saltare veloci prima di fare coda, e qualche bel salto in lungo per non perdere la corsa.
Quando rileggo, il più delle volte è uno schifo, ma talvolta mi stupisco delle mie dita, e allora è una sensazione di mio indescrivibile. Quasi quasi sono contenta di essere io, e per un poco mi basta così.

lunedì 9 maggio 2011

Tu che mi dai il profilo buono

Illustrazione di Denis Zilber
Chiedo solo spazio di manovra. Che non è spazio di manovra, è lo spazio delle mie braccia, delle mie gambe e della mia felice stupidità.

giovedì 5 maggio 2011

Io solo spritz col dottor Caligari

Premesso che, conquistato il potere planetario e avendo già sistemato qualche cosetta importante,  una delle cose che farei da Queen Of  The Universe sarebbe stampare sulle banconote di tutto il mondo il motto Vivi Et Lascia Vivere in arabesco font carico di storia, tradizione e impetuoso rigore morale, e che sono libertaria fino alla punta delle orecchie, mi permetto di dire la mia in fatto di stile. Non starò certo qui a dire che il mio stile sia migliore di altri, ma di fatto, in certi casi, lo è.
In particolare una discussione recente con amiche tendenti al versante dark mi ha reso palese la loro inutile crociata al buongusto, fatta nel nome dell’immaturo – a mio avviso – “sono aggressiva, quindi figa”, e la loro crociata in generale. Profusione di eye liner e orridi rossetti nero seppia si sprecano anche con declinazioni in vernice su unghie pittate sempre e comunque, spesso mangiucchiate, il più delle volte estremità di mani bruttine, mentre i colori del cuore non si discostano dalle nuance black tenebra e black oltretomba, con una originalità da brivido. La musica del cuore è solitamente di matrice nordica, chiaramente qualcosa di emorragico per i padiglioni auricolari dei comuni mortali che loro, ca va sans dire, snobbano, sottolineando il baratro che li divide con uso di termini (ne conoscono in media tre) derivanti dal celtismo o giù di lì, con cui intrattengono conoscenze superficiali quando vanno ai concerti degli amici metallers che se le portano dietro sperando di fare colpo su altre dark indossatrici di calze a rete su gambe e braccia.