domenica 20 febbraio 2011

Imbarco ore 22.35

Dunque. Ho un profilo su Myspace da quattro anni, sto perdendo i miei anni migliori tirando su bestiole virtuali su Facebook, ho provato per mezz’ora l’ebbrezza di donare al web i cazzi miei formato pillole via Twitter, mi propongo professionalmente su LinkedIn, seguo poco seriamente ma con molto trasporto questo blog, so postare contenuti multimediali e il mio pc ha una schermata costantemente sintonizzata su Youtube, eppure venerdì mi sono sentita tecnologicamente di un’altra generazione.
Ora, niente a che fare con Ipad e ammennicoli vari per leggere il quotidiano su tavoletta: parlo di cinema, e neanche cinema inteso come 3d, ma proprio edificio. Quattro mura, un paio di porte, la cassa, la sala e le meravigliose tende di velluto. Ecco, questo per me è sempre stato il cinema, fin dalla prima proiezione cui ho assistito nella mia vita, credo fosse Biancaneve e i sette nani - i miei mi ci portarono sotto Natale mi sa. Ed è proprio nello sfondo di un cinema  che conservo uno dei miei primi ricordi in assoluto: le lucine sotto ai gradini della sala. Lucine per vedere dove mettere i piedi, fantastico, pensavo, dal mio metro e qualcosa, mentre qualcuno per mano mi faceva scendere alla nostra fila e tirare giù il sedile dentro al quale avevo sempre paura d’incastrarmi, o perdere la giacca a vento o caderci sotto.
Insomma il cinema era quello, che io sapessi. Ma venerdì qualcosa di mostruoso si è impossessato di questo concetto.

martedì 15 febbraio 2011

E poi, non è nemmeno bella

Se anche tu sei un maschio che ha raggiunto l'età per il suo terzo o quarto stage non retribuito e vuoi caprirne di più di psicologia femminile, non fiondarti all'edicola sottocasa ad arraffare il numero di marzo di Riza, quello con Morelli che ci spiega quanto sia bello avere disturbi legati all'emotività eccessiva, se la guardiamo da un punto di vista distaccato ed adulto.
Dicevo, conserva per un eventuale spritz in compagnia del vecchio compagno delle superiori, ora marketing assistant alla Ford, quei due euro raccattati nella ciotola degli spiccioli  di cui ti prendi cura un giorno sì e l'altro pure, e impara tutto quello che c'è da sapere spingendo il tasto PLAY di questo video.


Attendo il giorno in cui sarà inserita a compendio dei manuali di psicologia, solo per poter dire L'AVEVO DETTO.

lunedì 14 febbraio 2011

Non vogliamo Valentine



Non staremo qui a dire che è il giorno degli innamorati, perché in effetti non lo è. Oggi è il giorno di quelli che hanno bisogno di un giorno per dirselo, ricordarselo, sbandierarselo, bluffarselo, pentirselo, dimenticarselo.
Oggi è anche uno dei giorni più tristi per Charlie Brown, eternamente perdente, miserabilmente sbeffeggiato dalla vita, crudelmente umiliato da Lucy, ciclicamente ignorato dalla donna che ama. Il bambino dalla testa rotonda mi fa riflettere sulla natura delle opportunità, delle casualità, sull’esistenza del destino e, più banalmente, su quello che chiamiamo AMORE. La trappola delle banalità è grande, e ci stiamo dentro in molti, ne convengo.
Ora, anche se a nessuno interesserà il mio punto di vista sulla cosa, dirò che personalmente non ho mai creduto a questa fregnaccia della base razionalistica all’amore, che ci fa credere che sia tutta una sorta di chimica acido/basica, di rispondenti neurologici, di riconoscimenti olfattivi e di tendenza alla continuazione della specie, e le prove sono sotto gli occhi di tutti (e nei pantaloni di altrettanti). Di coppie apparentemente assurde sono piene le canzoni, i rotocalchi, le nostre domeniche al centro commerciale, le chiacchiere con le amiche, le cartelle di file zeppe di  foto non poi così datate, abilmente relegate nella intrigantissima sezione Dichiarazione redditi 2008.
Ripensando quindi a Charlie, che non si esime dal ricordarci sempre e comunque - naso dentro all’inesorabile vuoto della sua cassetta delle lettere in data 14/02 di ogni anno - i patemi causati da un amore mai consumato e, quel che è peggio, mai dichiarato, arrivavo ad abbracciare un’assurdità ancora più assurda, ovvero: quanti amori abortiti ci saranno lì, da qualche parte, nell’universo delle POSSIBILITA’, amori lì che viaggiano, si incontrano, vivono, figliano e germogliano mentre noi, ignari, ci spediamo stupide valentine a VERI indirizzi postali?

lunedì 7 febbraio 2011

Appello agli scrivani

Tu che sei mosso dal fuoco sacro di Calliope, che fai della scrittura il tuo vanto e il tuo tormento, tu che sei riuscito a farti pubblicare negli Special Books e lo dici ad amici, parenti e anche conoscenti, tu, ascoltami un attimo. (Tutti gli altri sono dispensati dall’ascolto e possono tornare al surfaggio su youtube).
Tu, che sei uno scrittore di successo e riesci a farti leggere da me per il semplice fatto di avere avuto gusto nella copertina, nel titolo, nel font superfigo e nella grana delle pagine, tu mi devi spiegare perché.
Perché mi fai struggere di sentimentalismo su un divano vecchio ma confidente come nessuno, mi fai scorrere pagine da mangiare come le anisette sotto la lingua, mi fai innamorare un po’ alla volta della combriccola, del grassoccio scienziato, dello sbruffoncello sesso-ossessionato italoamericano, delle stupide cose che a quattordici anni ci sembrano il perno della rotazione terrestre, del giovane protagonista pozzo di emozioni e picchi di lentiggini condite di entusiasmo e disperazioni?
Dico, perché mi fai provare per lui quella devozione e quell’attaccamento che chiunque scriva spera di generare nell’affidatosi lettore, per poi lasciarmi con un pugno di sospiri in mano?!
Non è giusto, non me lo dovevi fare. E’ come farmi perdere un buon amico, come farmi licenziare dopo aver fatto triplicare il fatturato, come farmi togliere il mattoncino sbagliato a Jenga in una partita di due ore e cinquantasei minuti. Non me lo dovevi ammazzare.
Ok, il titolo avrebbe dovuto darmi un indizio, dirai tu. Un GROSSO indizio. Dirai anche che la quarta di copertina che tanto avidamente mi ero divorata con un ginocchio sul divanetto di MelBook È esattamente la pagina di libro che spiega l’accaduto. Ma tu puoi dire tutto quello che ti pare, io so solo che voi, voi scrittori che mi portate in un mondo in cui inizio a sentirmi a casa, dovete stare molto attenti a come mi trattate, chè io mi ci affeziono ai vostri pensieri, io.


mercoledì 2 febbraio 2011

Candelora VS Il Giorno della Marmotta

In Pennsylvania evidentemente non hanno molto da fare. Gli piace fare cose buffe con vestiti buffi, coinvolgendo animali buffi. Possibilmente animali da pelliccia. Per la cronaca oggi, per gli sprovveduti che, forse nati dopo gli anni 80, non avessero visto in una delle mattine a casa da scuola perchè influenzati il capolavoro con Bill Murray, è il famosissimo Giorno della Marmotta. Il che significa che un bel po' di gente si è radunata sotto un palco sul quale uomini vestiti con copricapi che avrebbero potuto essere all'avanguardia 100 anni fa, guardano una marmotta mentre, semplicemente, sta. Sta che? Sta, punto. A quanto pare uno tra gli eletti con tuba e occhialetti tondi la guarda sul muso e, solo lui, capisce se lei ha visto o meno la sua ombra.
A quanto ho capito dallo studio delle Regole Auliche del Groundhog Day, se Punxsutawney Phil (la marmottona), vede la sua ombra, significa che l'inverno durerà altre sei settimane, in caso contrario, via libera a braghe corte e infradito. Ora, la questione non è tanto cosa abbia visto o non visto il topastro - per la cronaca, prospetta una primavera imminente - ma cosa spinga centinaia di persone ad abbandonare caldi e accoglienti giacigli per trascinarsi all'alba sotto il palco in questione, magari con una manciata di gradi sottozero e la neve ai lati della strada. Gente strana, gli americani.
Noi almeno, che siamo un paese di svogliati ma furbastri, il 2 febbraio lo abbiamo chiamato la Candelora, che, senza dover ricorrere a marmotte o scoiattoli andini, dalle mie parti ci ammonisce che:

quando riva ea Candelora
dell'inverno semo fora
ma se piove o tira vento
nell'inverno semo drento

Mettendo fine a un match che probabilmente è solo nella mia mente (dove un esercito di marmotte, uscite all'unisono da buchi nella terra sparsi qua e là, attaccando inanimate MA ACCESE candele, strategicamente posizionate nottetempo), sono felice di comunicare che Candelora e Phil quest'anno sono d'accordo, nel prevedere una primavera a grandi falcate. Io non posso che rallegrarmi di tale profezia, ma sto all'erta.
Intanto sono già preoccupata per la sveglia di domani: se si ripete l'oggi, mi tocca riscrivere di marmotte e passare per pazza un'altra volta.
Non che la cosa mi dispiaccia, in realtà.

I corvi sono tra noi

Guardo il modello che ho scelto per il mio nuovissimo blog, scelta fatta con lo stesso fiato sul collo di quando al supermercato cerco di riempire le buste prima che la sempre super veloce e sempre super incazzata cassiera traghetti i miei prodotti dal nastro alla rampa di lancio che va accumulando biscotti, petti di pollo e succhi in brick decretando la mia inesorabile inettitudine all'apparentemente elementare attività di riempimento sacchetti, insomma, guardo il modello è mi viene in mente. Perchè da un paio d'anni a sta parte il proliferare di profili, silhouette di corvi neri su tutto ciò che sembra dover avere un'apparenza - ommioddio lo sto per dire - creativa?
Quand'è che i corvi sono diventati cool? Voglio dire, sono davvero interessata all'evoluzione di questa percezione: chi li ha incoronati volatili fighi? E perchè loro e non le tortore, i più eleganti gabbiani, i sempre timidi pettirossi? Perchè se adesso volessi fondare una band ci piazzerei necessariamente, in modo naturale, un corvo sulla copertina del nostro primo vendutissimo album, per avere la certezza di intercettare lo sguardo curioso del brufoloso tredicenne di turno che aspettando la tipa intanto si fa un giro tra gli scaffali, per vedere che cd scaricare, una volta a casa? Perchè se eleborassi un logo per un'azienda di abbigliamento street ci piazzeri sempre due bei corvi in mezzo ad un'inebriante esplosione di fru fru e riccioli grafici che li avvolgono/strozzano/abbracciano? Io la risposta non la so - anche se sospetto una vaga colpa di qualche emo, su cui ricadono comunque le colpe di tutte le sventure culturali odierne - e visto che sono cool e so come gira il mondo, mi sono scelta il modello con qualche volatile sulla destra. E, sì, sono corvi, non ci sono dubbi.