lunedì 29 agosto 2011

Bricolage e altri passatempi cerebrali

Ma, andando all'osso, noi, esseri umani, siamo un insieme di piccoli cassettini che sono riempiti dalle (con le) varie persone che entrano a far parte della nostra vita? E, tipo, quando una persona è importantissima per noi si becca il cassettone grande, quello della biancheria e dei soldi di scorta? E poi, quando esce dalla nostra vita? Sarà sempre il suo cassettone, con dentro le cose solo sue, i suoi sorrisi e le sue pose più belle e le canzoni che solo lei e i suoi capelli e il suo vestito più elegante mischiati coi nostri ricordi di lei? Che quando gli passiamo accanto andando in un'altra stanza di noi, a volte succede che ci fermiamo e lo apriamo e tiriamo fuori qualcosa che ha un senso solo nell'allora, e poi riponiamo tutto con cura ancora lì dentro, tra la carta velina, che non si sciupi e non sgualcisca? O diventa luogo da subaffittare ai nuovi che arrivano a sostituire, che c'è da far spazio che giungono calzini freschi di filo? Com'è che funziona? Si cambia nome sul campanello? E la persona che c'era un tempo? Spodestata del sommo angolo, le resta almeno in affidamento (lo spazio di ) un piccolo cassettino di cui non ricordava di aver conservato la chiave finchè un giorno s'è messa le mani in tasca e se l'è trovata fra le dita?
Io il cassetto F. lo vorrei avere ancora in custodia, se possibile. Che lì dentro c'è una che ero io, ogni volta.

domenica 28 agosto 2011

Stavolta la mira l'aveva presa bene


Loro due sono due parti di un intero, due mezzi che fanno uno, due due che fanno quattro, due uno che fanno due, insomma, due pezzi che si completano e formano un bel numero. Marco è di quelli che portano in giro per il mondo uno sguardo intelligente, dolce e indagatore, di quelli che quando si soffermano su di te ti viene da sederti meglio sulla sedia, dritto, chè ti senti sotto osservazione, tiri un po' giù l'orlo della gonna, oddio, avrò qualcosa che non va, un po' come quando in classe avevi appena passato un bigliettino e dovevi sostenere quel paio di occhi che si sporgevano dalle lenti, e prima di riabbassarsi sul registro passava un'eternità. Colto e interessato alle cose che ama, che staresti ad ascoltarlo per ore, anche solo per vederlo cercare le parole giuste per raccontarti una storia, mentre ti offre una grappa distillata con non so che erba di montagna. Alessia è un piccolo vulcano di dolcezza non sdolcinata, di insicurezze, di occhi che sorridono, di intelligenza che affiora sempre sempre abbracciata a una grandissima sensibilità. E' divertente e per nulla snob, la vita non le ha fatto mancare quella bella dose di ingiuste sofferenze, ma lei sorride in un modo autentico, di pancia, che ti senti accolto dalle sue risate, e vale molto più di quello che lei crede, altra vittima di immotivata insicurezza.
Marco e Alessia si sono conosciuti all'università, studiavano cose diverse, e chiaramente lei non lo poteva sopportare. Quando li ho visti, oggi, in quel loro pezzo di mondo che sembrava uscito da uno dei miei sogni (verde a perdifiato, monti e pietre, vento e medioevo e case vecchie e esplosioni di fiori e acero noce cipresso frutti sui rami e giù ancora verde e l'altalena, uh, l'altalena), mi sa che sulla panca lì con noi c'era seduto anche quel semidio nudo amico di Pollon, e magari si faceva i cazzi suoi, ma stavolta la mira l'aveva presa bene e si gustava anche lui il risultato del suo ottimo lavoro.
E ricordo ancora le chiacchiere di me e lei, in ufficio: chè ci sono momenti in cui non lo so, le litigate sono furibonde, e siamo davvero diversi, e fatico a far capire tutto questo agli altri e penso che forse sono pazza io, e lui è orso orsissimo e non so se mi lascerà entrare nel suo mondo, lui dice di sì, ma io non vorei sentirmi ospite e però non lo so spiegare, sento che con lui sono a casa, e vivo. E poi c'è stato il velo e lei era bellissima e senza gli occhiali, e lui imbarazzatissimo, un bambino frastornato dalla baraonda in un vestito importante, e i loro progetti di qualcosa di lontano, di loro, di diverso, di rischioso, di coraggioso. E infine l'inaugurazione del loro agriturismo azienda dove zappano e tagliano e seminano e si asciugano il sudore e lei guarda lui che si è messo a farle la macedonia perchè lei non ha mangiato, e allora io sono tanto felice per voi, ecco.  

lunedì 22 agosto 2011

Di non essere abbastanza

Che ci penso stasera, che c'ho un mal di testa fotonico e ho appena deciso che s'ha da fa quella cosa. E quello che penso è che in definitiva abbiamo tutti paura. La paura però mica ce la mettono nella nostra confezione quando ci recapitano sulla terra, mi sa. Arriviamo Lego di carne piccola ma audace come fauce di leone, chè abbiamo il coraggio di mille eroi quando nasciamo e ci mettiamo a urlare in braccio a una sconosciuta che ci prende in mano mentre siamo sporchi dello sporco del mondo dall'altra parte, e ci mettiamo a strillare perchè si dovrà pur fare casino con quello che è successo, no? E lì sì che il mondo ce lo abbiamo in mano.
Poi ci mettiamo a fare la cosa più sbagliata del mondo, ovvero crescere, e lì la paura entra nelle tasche delle nostre gonne a pantalone che la mamma ci faceva fare dalla sarta, ma che abbiamo sempre odiato odiatissimo odiatissimissimo, e lì ci restano, a pochi cm dalla nostra pelle. E la paura era solo una taglia più piccola di quella che poi ci avrebbe accompagnato nei teen e negli enti, pure negli enta e se tutto va bene anche negli anta, mi sa. E la storia è sempre la stessa. Paura di deludere, di non saper essere felici, di non capire quando si è felici, di essere felici soli, di dimenticarsi di essere felici, di sognare sogni sbagliati, di non avere più tempo, di essere onesti, di aver aperto la porta sbagliata, di farci sfuggire le parole e le mosse giuste, di vedere gli occhi di chi soffre, di non capire quando è il momento di agire, di non capire quando è il momento di tacere, di rinuncare troppo presto, di insistere troppo, di dirci la verità cattiva, di lasciare tutto quello che abbiamo, di ammettere, di varcare confini, di non riuscirci ancora una volta, di non sapersi spiegare, di non arrivare lì in fondo, di affidarci, di capire male, di rinunciare alle sfide, di perdere le sfide, di combattere il destino, di morire, di avere sempre voglia di sparire, di mancare di appoggi, di non essere abbastanza. DI NON ESSERE ABBASTANZA.

mercoledì 17 agosto 2011

Il riposo dei giusti


PROLOGO
All'ombrellone n.6, prima fila fronte mare, si disquisisce di Umberto Eco e Guido Gozzano ma pure della Ventura e di Belen. Io se mi conoscessi adesso mi innamorerei seduta stante di me.

ATTO I
Ad arrampicarsi, pancia in giù sulla sdraio in direzione onde, si possono scovar scene delicate e un poco retrò: un tizio calvo in mare abbracciato al suo canino che teme l'acqua, il venditore di aquiloni che fa pausa sigaretta e quasi non decapita un marmocchio col filo pendente, due corpi bianchi bianchissimi che si tengono per mano mentre schizzano coi piedi urtando il bagnasciuga dei loro passi.

All'improvviso entrano in scena i veri protagonisti: punte delle orecchie in rapida fase di abbrustolimento; sguardo finto disinteressato al tizio incredibilmente affascinante che incredibilmente passava di lì, occhiata d'intesa e palette in alto - votate -  voto 8 e 1/2; uomo del lettino di fronte (fedifrago, scoperta ignobile) che precipita, vinto dalla forza di gravità, sempre in posizione orizzontale nonchè con suddetto lettino sulle sue fedifraghe membra; svariati skip alla riproduzione casuale dell'Ipod che ripropone il passato nelle varie versioni pop, rock, smielè; parte bassa del mio nuovo costume che vive di vita propria mettendomi in serio imbarazzo; spiaggiamento in riva a mò di foca monaca con corredo di sabbiature e sguardi che mi sanno troppo lascivi, prima di capire che sembro una che fa la lotta nel fango - mi risciacquo, va;  risate belle e di pancia come non da un po' e paninazzo speck formaggio e funghi con vista su.

CONCLUSIONE
Domani, altri lidi. Poi, per qualche altro giorno, stessa spiaggia stesso mare. Considerato come sto, potrei anche mettermi a cantare questo.

martedì 16 agosto 2011

Un paio di cose da chiarire

Premesso che nessuno è obbligato ad avere a che fare con me, è il caso di avvisare gli eventuali arditi che ci sono alcune cose che è bene che sappiano, così, giusto per non venire a recriminare a posteriori, o piagnucolare che loro non lo sapevano.

Quindi, sono una persona solitaria, mi piace stare per i cavoli miei, sto col naso in un libro o con la testa fra i miei pensieri, che o sono storie, o sono riflessioni, o sono osservazioni senza direzione. Smettiamola con questa storia dei non ti fai mai sentire, che la posso capire da chi mi ha visto una volta per caso, ma non da chi con me vanta legami e relazioni, chè allora della sottoscritta non avete capito un cazzo, e godete a farmi sentire in colpa per quella che sono. Soffro a dover spiegare la tendenza all'isolamento, mi sento fuori posto con persone troppo mondane o troppo giuste, in generale con chi non conosco, anche se mimetizzo l'imbarazzo con una dose sufficiente di banalità, moneta corrente in questi giorni di superficie piatta e lustra. E di solito funziona.
Non sono una che abbraccia, tocca, tasta gratuitamente, e se me lo vedete fare, significa che sono innamorata come una peracotta. Non se ne abbiano a male, quindi, amici e conoscenti verso cui non provo l'istinto di abbracci e baci: niente di personale, sono solo io.
Tecnologica per destino, per vocazione, per generazione e per auto conservazione, apprezzo una telefonata se ci si chiede che fine ho fatto, fanculo facebook, le mail e le mille diavolerie targate www.
Fatico a dare possibilità a qualcuno, ma forse è che davvero di rado trovo qualcuno a cui darne.
Se mi affeziono divento leale anche nel fuoco, vendicativa se tradita.
Quando mi sento trattare come una deficiente da qualcuno che stimavo e a cui voglio bene, dopo l'incredulità e la doccia fredda - freddissima - della realtà che si mostra per quella che è (cretina io che non l'avevo vista prima), mi tengo per me il mio sbrego dolente, tiro una riga e addio e grazie.
In ultima, di gente che vuole far parte della mia vita a part time, non so che farmene.

lunedì 15 agosto 2011

Dici a me?


Ti te sì na brava tosa
che sabo e venare riposa
saria da torte come sposa
ma stasera te voio vergognosa.

(mudandoni de lana e giubbin e scatta l'autobiografia)

domenica 14 agosto 2011

Piccole cose belle


Della serie: avere dieci anni  e non vergognarsene. Ieri sera mi sono emozionata come una ebete quando ho visto lì, in mezzo alla strada in una notte nera nerissima, illuminati dai fari, i due occhietti scattosi di una micro civetta che dopo iniziale imbarazzo ha pensato bene di levare le tende.
Che bello.

martedì 9 agosto 2011

Naftalina

Quando arriva, la morte, intendo, è sempre una cosa che ti sa di assolutamente estraneo, assurdo, innaturale. Almeno quando arriva per gli altri, per quelli che ti stanno intorno, per quelli che hai sentito fino a ieri al telefono, di cui hai visto circolare i vestiti per casa, di cui hai parlato fino all'altro ieri; quando toccherà a me, non so. E certo, si dirà  che arrivati a novant'anni si aveva vissuto eccome, ma sono i soliti discorsi che si fanno perchè non si sa cosa dire, chè la morte, bene o male, lascia senza parole sempre, e il modo più economico per riempire questo spazio è la banalità.
Saranno quelle parole in una telefonata fatta di corsa, mamma stasera non torno a cena, e una doccia fredda, di piccoli spilli, in piedi, davanti alla porta della cucina, vestita, là. Non è che perchè uno ha novant'anni, si sia sia meritato di morire. Come non si era meritato di vivere, per carità.
E insomma, sono contenta di esserti venuta a trovare in quella casa di riposo che all'inizio mi era sembrata quello che in effetti è: un parcheggio di vecchi. E poi però li ho visti vivere come si vive in una famiglia, solo ognuno stretto nelle sue ossa, chi consapevole, chi nel suo mondo. E tu ci avevi portato nella chiesetta, "così quello non ti viene a chiedere le caramelle" che invece poi era venuto lo stesso, e io gli avevo allungato una Golia, e lui forse mi aveva sorriso con quel mezzo ghigno sghembo, caverna di due o tre denti. E lì avevi chiacchierato fitto del nuovo nipotino, e mi chiedevi di me, e mi tenevi la mano come fanno sempre i vecchi, e la tua pelle sottile era carta velina sulle vene blu, che le sentivo pulsare di sangue che andava lento. E avevi voluto dire un'Ave Maria insieme - ci tenevi così tanto - e poi avevi iniziato a bisbigliare qualche latinismo religioso dei tuoi tempi, prima di segnarti e salutare il tuo Signore. E qui c'è la sala, e lì, vedi quella lì, quella è cattiva e mi fa i dispetti. Forse è lei che mi ruba la crema. Guarda tutti torvo. E di là c'è il refettorio, stasera minestra e roba leggera. Poi si guarda la tv.
Ci siamo salutate dopo che avevo rifiutato la tua mancia "per il gelato", e dalla porta a vetri muovevi la mano ciao ciao, piccina com'eri, col tuo sorriso soddisfatto e smorzicato dalla dentiera. Era ieri che i tuoi vestiti lavati e pronti da recapitarti avevano diffuso nella cucina di casa mia quell'insopportabile odore di naftalina, e chissà perchè i vecchi amano così tanto la naftalina. E in quel momento sei apparsa lì in mezzo a noi, all'improviso ci siamo messi a parlare di te, anche se alla tv c'era il tg.
Mi mancherà il tuo sussurrare il mio nome mentre mi chiedi se sono la Francesca o la Giulia, e il tuo piccolo sorriso che si allarga con gli occhi, mentre ti giri ai fornelli e metti a scaldare l'acqua per il the.

lunedì 8 agosto 2011

2 settembre sfilata!

E a parte questo, non ho molto altro da dire (eccetto: senti che bello sto ventoooo).
Più che altro volevo una scusa per mettere questa canzone, che è sempre un cazzo di capolavoro.
Cheers a voi, orsetti.

domenica 7 agosto 2011

Timidezza e altre tecniche di karakiri

Un po' inquietante in certi momenti, devo dire che comunque mi stai simpatico, e riconosco che sei molto disponibile, nonchè preparato nel tuo lavoro. Però, ecco, se potessi evitare di parlarmi tenendo disinvoltamente e perennemente i tuoi occhi ad altezza Lovable, te ne sarei grata. Voglio dire, sei totalmente carente di quella capacità di guardare senza farti beccare, e la cosa è per me imbarazzante e fastidiosa, a tratti divertente ma più che altro odiosa. Ti manca completamente quella mobilità oculare sottile ed essenziale per lo scandaglio inosservato, che va affinata col tempo, certo, e che i maschi solitamente iniziano ad allenare fin dalla pubertà, per prendersi avanti. Va detto, certo, che si tratta di pratica non esclusivamente maschile, e ci mancherebbe altro. Io sono campionessa indiscussa di suddetta pratica, che il 99% delle volte porto a perfezione assoluta, evitando direttamente di guardare l'oggetto del desiderio, più che altro per timidezza, pensa che genio. Pertanto se non ti guardo, è probabile che tu mi piaccia (tu uomo ipotetico, non tu di cui sopra! ndr). Ma anche no. (ok, sì, sono delle parole crociate senza schema, e chi mi risolve è come minimo un Bartezzaghi, chettedevodì?) A volte però mi trovo in ambiente e situazione ideale, come l'altra mattina in autobus, quando ho potuto rimirare di sottecchi il tizio ragazzo figo seduto a mio favore qualche fila più avanti. Presente quei ciuffi buttati là a caso (che non è mai a caso), sguardo malinconico al finestrino, occhi di una certa intensità, felpina sportiva non male, compostezza rilassata, mani come si deve? Ecco. Insomma, per una bella mezz'ora io e la mia tecnica di ti sto guardando ma non ti sto guardando, abbiamo scansionato il soggetto in questione, il quale un paio di volte deve essersi sentito tirato per la giacchetta, dato che ha alzato lo sguardo beccandomi in pieno mentre dietro occhiali da sole mai schermanti del tutto, dannati, correvo imbranatamente ai ripari con occhi in rapida fuga, tradita meschinamente dal colore del viso in repentina evoluzione dal rosso tiziano al viola prugna, andata e ritorno. Improvviso, dopo un sonoro "cazzo!" mi è balzato in mente quel verso che fa "chissà se ne ridi o se ti fa piacere", che è una cosa che penso spessissimo, considerato che tipo di regali faccio, che tipo di attenzioni porto, che tipo di persona sono.
I conoscenti che mi dicono quindi che non li saluto per strada ora dovrebbero capire, e perdonernno la mia apparente stronzaggine (nonchè miopia, non dimentichiamlo), ma è evidente che sono troppo presa a studiare asfalti, attraversamenti pedonali prossimi, arredo urbano e appigli visivi in genere. Detto in altre parole, io quando sto in giro cerco di mimetizzarmi, studio le piastrelle, guardo per terra ed evito sguardi che potrebbero piacermi. Non so se capite come sono messa.

sabato 6 agosto 2011

Dancing queen


E questa sono io adesso, chè fare versi tutto il giorno su questa canzone ti sfinisce!

Io dico, lasciatevi


Ti accorgi adesso che quei nove-dieci anni di differenza fanno la differenza. Che incrociare i suoi amichetti dell'università e stare fermi mezz'ora a parlare di quanti cfu vale il seminario di musica turco uzbeka non è esattamente il tuo massimo, soprattutto quando questi amichetti spuntano ogni sette metri con i loro tagli di capelli del cazzo, e questa storia non va. Che litigare perchè lei segretamente vorrebbe fare una settimana di mare con le sue amiche, ma non lo vuole ammettere con te, e tu ti incazzi perchè lei non lo ammette, e lei non lo dice perchè sa che tu non faresti i salti digioia, e allora decide di rinunciarci, soffrendo, e tu ti incazzi ancora di più perchè lei ci rinuncia, e inizi ad avere sensi di colpa grandi come il K2, e questa storia non va. Che uscire sabato sera perchè ha sentito che c'è un concerto figo in quel locale in centro, e tu ti eri già programmato il dvd di Ritorno al futuro, pregustando il divanastro dei sogni e le chiacchiere notturne post film su fb con quel coglione del tuo amico appassionato uguale, diciamo pure nerd, e che serata perfetta sarebbe stata, lei non lo capirà mai, e questa storia non va. Che lei è alle primerrime armi, ormone guizzante e chissà quanti fusti all'università al lavoro in palestra al pub, c'avrà voglia di sperimentare, mi ricordo io a vent'anni, cristo che angoscia adesso a pensare a lei con oddio, e questa storia non va. Che oh ma ti ricordi Papà guarda un pollo? Che figata, eh? - EH? - e questa storia non va. Che lei ti dice che ti ama, ma tu mica sei convinto che lei sappia davvero cosa vuol dire amare, e soprattutto chissà a quanti altri sbarbi in Vans l'avrà detto prima di te, e allora io sono solo uno fra gli altri, e tutto questo speciale che prima vedevo com'è che non lo vedo più? e questa storia non va. Che quelle faccine del cazzo nei messaggi o O  ...e questa storia non va. Che il weekend santificato alla fidanzata io voglio stare anche per i cazzi miei, e questa storia non va. Che forse ho fatto degli errori di valutazione, Cristosanto, e questa storia, pensa un po', non va.

Allora io dico. Mi stai chiedendo un consiglio? No, perchè ok amici e confidenti, ma non ho intenzione di essere il dirupo a bordo strada in cui buttare la spazzatura, per cui se lo vuoi sapere, io la mia l'ho detta. Titolo docet e grazie per tutto il pesce (che è una chiusura che ci sta sempre).

Attività ricreative

Mi piace dispensare verità ovvie e metterle in cornice

giovedì 4 agosto 2011

Se una notte d'estate una viaggiatrice


E farsi un giro in macchina, di quelli lunghi e leeeenti, coi finestrini giù e l'aria che ti fa le capriole sulle braccia nude, e qualche stella che se ti pieghi la vedi, là, sopra questi campi che sono la mia terra, che spesso non mi piace ma in questi momenti sì, e buttare gli occhi nel grano, perdercisi dentro, e seguire con lo sguardo la riga bianca di confine, oltre la quale il nero è notte e potrebbe essere di tutto.
Sere in cui la compagnia dei miei pensieri è meglio di qualunque telefonata, televisione, chat, bip. E infine prendere lente quelle strade che di giorno hanno addosso la fretta di gente che non ha tempo di accorgersi che loro portano sempre da qualche altra parte, sempre un po' più in là, se uno un giorno volesse scoprire dove vanno a morire.
E iniziare a corteggiare serratamente la manopola del volume, perchè quando trovi canzoni come questa, cantare in preda allo spirito divino di una Tina Turner de noantri è puro pilota automatico. Scivolo.

martedì 2 agosto 2011

Facciamo diciassette


Non ho molto tempo, e ancora meno voglia di scrivere, ma due cose le devo dire perchè il mondo le deve sapere, ovvero:
1. C'hai trent'anni, mica 20, ed è ora che inizi a frequentare gente della tua età, pirla.
2. Che bello fare la pace. Bello bello bello.
3. Oggi c'era una canoa nel fiume sormontato di riflessi al tramonto, e io l'ho vista di sfuggita, mentre tenevo il tempo col piede zeppato, naso appiccicato al finestrino. Figata, non so perchè.
4. Estate è insalata di riso.
5. I tacchi slanciano, rassodano e attirano sguardi. Ma se li attiri anche a piede rasoterra, sei una spanna più in su senza bisogno degli odiosi orpelli, brutta cessa NANA.
6. Giornalisti, my dear.
7. I tempi sono maturi per comprare un orologio.
8. Mettere in conto di venire bellamente dimenticati una volta che non serviamo più a qualcuno che fino a due settimane prima ci leccava il culo per ottenere il suo scopo.
9. Donne in carriera bel tempo si spera.
10. E le telefonate che ti fanno sorridere mentre guardi nel vuoto e pensi a quanto sei legata a quella voce.
11. Dispiacersi per quelli che sono troppo impegnati ad essere contro, e non si rendono conto di quanto tutti questi siano giorni che mangiano i loro giorni.
12. Che palle quelli che "Ligabue il pittore, mica penserai che parlo di quello sfigato che canta": datevi fuoco con la vostra spocchia da quattro soldi, cretini.
13. Città vuota d'estate, i love.
14. Se ti interessa come sto e cosa faccio, abbi il coraggio di chiederlo.
15. Andare a letto sapendo di aver fatto qualcosa di buono per qualcuno è una bella bella carezza prima dei sogni.
16. Sei originale come un martedì che segue un lunedì.
16 bis. Domandarsi perchè la fabbrica di uomini affascinanti attraenti bellissimi e maledetti ha chiuso i battenti quando ero una lattante.
17. Se adesso mi volessi fare un massaggio qui, potrei anche tenerti con me foreverandever.