martedì 9 agosto 2011

Naftalina

Quando arriva, la morte, intendo, è sempre una cosa che ti sa di assolutamente estraneo, assurdo, innaturale. Almeno quando arriva per gli altri, per quelli che ti stanno intorno, per quelli che hai sentito fino a ieri al telefono, di cui hai visto circolare i vestiti per casa, di cui hai parlato fino all'altro ieri; quando toccherà a me, non so. E certo, si dirà  che arrivati a novant'anni si aveva vissuto eccome, ma sono i soliti discorsi che si fanno perchè non si sa cosa dire, chè la morte, bene o male, lascia senza parole sempre, e il modo più economico per riempire questo spazio è la banalità.
Saranno quelle parole in una telefonata fatta di corsa, mamma stasera non torno a cena, e una doccia fredda, di piccoli spilli, in piedi, davanti alla porta della cucina, vestita, là. Non è che perchè uno ha novant'anni, si sia sia meritato di morire. Come non si era meritato di vivere, per carità.
E insomma, sono contenta di esserti venuta a trovare in quella casa di riposo che all'inizio mi era sembrata quello che in effetti è: un parcheggio di vecchi. E poi però li ho visti vivere come si vive in una famiglia, solo ognuno stretto nelle sue ossa, chi consapevole, chi nel suo mondo. E tu ci avevi portato nella chiesetta, "così quello non ti viene a chiedere le caramelle" che invece poi era venuto lo stesso, e io gli avevo allungato una Golia, e lui forse mi aveva sorriso con quel mezzo ghigno sghembo, caverna di due o tre denti. E lì avevi chiacchierato fitto del nuovo nipotino, e mi chiedevi di me, e mi tenevi la mano come fanno sempre i vecchi, e la tua pelle sottile era carta velina sulle vene blu, che le sentivo pulsare di sangue che andava lento. E avevi voluto dire un'Ave Maria insieme - ci tenevi così tanto - e poi avevi iniziato a bisbigliare qualche latinismo religioso dei tuoi tempi, prima di segnarti e salutare il tuo Signore. E qui c'è la sala, e lì, vedi quella lì, quella è cattiva e mi fa i dispetti. Forse è lei che mi ruba la crema. Guarda tutti torvo. E di là c'è il refettorio, stasera minestra e roba leggera. Poi si guarda la tv.
Ci siamo salutate dopo che avevo rifiutato la tua mancia "per il gelato", e dalla porta a vetri muovevi la mano ciao ciao, piccina com'eri, col tuo sorriso soddisfatto e smorzicato dalla dentiera. Era ieri che i tuoi vestiti lavati e pronti da recapitarti avevano diffuso nella cucina di casa mia quell'insopportabile odore di naftalina, e chissà perchè i vecchi amano così tanto la naftalina. E in quel momento sei apparsa lì in mezzo a noi, all'improviso ci siamo messi a parlare di te, anche se alla tv c'era il tg.
Mi mancherà il tuo sussurrare il mio nome mentre mi chiedi se sono la Francesca o la Giulia, e il tuo piccolo sorriso che si allarga con gli occhi, mentre ti giri ai fornelli e metti a scaldare l'acqua per il the.

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