venerdì 29 aprile 2011

Perché, in fondo, siamo tutte Kate

Dopo settimane in cui mi sono lamentata ogni santo giorno dello spazio dedicato da qualsiasi media alle unghie di Kate, alle pieghe della divisa di William, al colore delle tovaglie, al numero degli invitati, alla razza dei cavalli a trainare le carrozze, stamattina sono caduta come una pera cotta nella trappola del Royal Wedding, con tanto di rabbiosi insulti a chi attentava alla conquista del telecomando. Capitolando quindi all’evento dell’anno, mi sono piazzata impigiamata a dovere davanti al dio televisore, dando il meglio di me nello zapping reale – con tanto di diretta su BBC, mica bruscolini - senza perdermi l’arrivo a Westminster di tutto il royal parentame, variamente agghindato. Tralascerò commenti sulla totale mancanza di senso estetico degli inglesi, che come sempre hanno toccato vette inarrivabili di brutture nello sfoggio di cappelli che, sfidando tutte le leggi, da quella della gravità a quella della decenza, andavano dal giavellotto in raso alla cancellata di taffetà, con tocchi di esotico con coloriti quanto fuori luogo piumaggi da cerimonia. Sorvolando inoltre sulla straordinaria e sempre crescente ammirazione che lo scapestrato Harry, il discolo di casa, sta conquistandosi nel mio cuore di good-girl-attracted-by-bad-boys, concentriamoci sulla vera protagonista del giorno: Kate.
Bella bellissima, un po’ fredda, decisamente troppo controllata, neanche un accenno di lacrima, di perdita di equilibrio, di stupore o anche solo prurito al naso, è oggi la donna più invidiata al mondo. Personalmente, non le invidio il pur principesco William (classe 1982, ottima annata, dicono), purtroppo già afflitto da calvizie incipiente ma tenero nel suo impaccio da quasi neo sposo e quasi neo re, che me lo rende davvero simpatico. Quello che le invidiamo - popolarità, ingressi privilegiati, cuochi di corte, damigelle e parrucchiere private a parte - è la FIABA. Chè stiamo qui tanto a dire che siamo emancipate, che vogliamo fare carriera, che ci piacciono le serate tra amiche per la gara al rimorchio, che ci basta un cane a farci compagnia, ma mica è vero niente. O meglio. La carriera la vorrei fare, il cane ci può anche stare, le serate tre donne ci mancherebbe, ma chi l’ha detto che non voglio un principe? Anello da fiaba, occhi a cuore, lui in uniforme, strascico, velo, bacio sul balcone del castello, folla in visibilio, campane a festa, red carpet tra bagno e salotto e ritorno. Certo, la sua vita sarà anche molto altro, ma solo questo vogliamo vedere ora, e solo questo sognamo, un po’ tutte, nel nostro piccolo scrigno segreto che è il cuore di noi fanciulle cresciute a pane e a vissero tutti felici e contenti.
Tutto sapeva di favola, oggi. La cosa più impressionante, per le mie coronarie di ragazza romantica, la carrozza. Sembrava davvero di essere cascati dentro una pagina della Bella Addormentata, e tutto intorno costruito con la stoffa delle fiabe (naturalmente nottetempo e da topolini laboriosi, ndr).
Detto questo, alla fine del ballo, resteranno bandierine e bandierone attaccate ad ogni angolo della città, ricordini dei cavalli reali a rammentarci che non è tutto raso e taffettà anche nei pressi di Buckingham Palace, le kitschissime tazze con la coppia reale spalmata su ceramica di terz'ordine, e un unico, fantastico cartellone tra la folla, che da domani diventerà il nostro nuovo slogan: HARRY, MARRY ME. Perché l’arte del ripiego sul fratello, che sia reale, plebeo o middle class, è assai antica e da sempre frequentata. (*)


(*) Per onor di cronaca, saremo anche sognanti fanciulle alla ricerca del nostro principe, ma mica sceme: siamo ben consapevoli che la lotta sarà dura e non mancherà di farci pagare col sangue la nostra conquista, e, si sappia in giro, siamo pronte a tutto.

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